

Ci si può porre il problema di esagerare, parlando di crisi gravi come quella che sta vivendo l’Ucraina, quando da mesi c’è chi scherza con il fuoco, minacciando a ogni piè sospinto la possibilità di passare dalle parole ai fatti, dalle minacce di guerra alla guerra? Esiste la possibilità di scadere nell’utopico (se non nell’assurdo) cercando ogni possibile appiglio per sbugiardare questo modo (a dir poco) arcaico di affrontare e risolvere i problemi internazionali?
Le domande potrebbero proseguire quasi all’infinito e le risposte di chi non vuole rinunciare ad avere fiducia negli uomini non potrebbero che ribadire dei ‘no’ inequivocabili. Resta il fatto che, a fronte di crisi che ad un certo punto appaiono inestricabili e inspiegabili, la minaccia delle armi sembra ancora oggi restare l’unica soluzione.
E allora poniamo un’altra domanda: è possibile che, dopo due conflitti “mondiali” nel corso dei quali sono morte milioni di persone, soldati e civili, proprio da parte di chi ha subito le perdite maggiori ci sia ancora soltanto l’idea di ripartire con stragi che, oltre ad essere “inutili”, a questo punto apparirebbero anche “stupide” (termine che un Papa non potrebbe mai pronunciare in un suo documento)?
Perché è evidente che ciò che papa Francesco ha detto a proposito del Sinodo – “si sa da dove si parte ma non dove si può arrivare” – è adattabile anche alle guerre, specie le due del Novecento, visto come sono iniziate e come sono poi finite. Viene, quindi, da pensare – sperare – che le minacce di questi giorni possano non essere altro che mosse per ottenere il massimo da eventuali trattative, ma non è male ricordare che qui non si sta parlando di un torneo di scacchi, dove sono i ‘pezzi’ a fare una brutta fine.
Riusciamo ad immaginare cosa significherebbe uno scontro armato nel cuore dell’Europa? A rischio di venire tacciati di qualunquismo, poniamo un quesito che, all’apparenza, può sembrare “da bar”, ma contiene anche un po’ verità. Perché non si instaura una regola per la quale, in caso di guerra, in prima fila, sul campo, devono schierarsi i “potenti” che la dichiarano?
Forse potrebbe non bastare come deterrente ma, per lo meno, ne diminuirebbe drasticamente il numero! Nel caso la proposta dovesse apparire esagerata nella sua banalità, allora poniamoci su di un altro piano: si riuniscano le persone di buona volontà – gli operatori di pace, che saranno chiamati figli di Dio – dovunque esse siano, per opporre la logica del dialogo fino all’estremo alla illogicità del ricorso alle armi.
Togliamo la “materia prima” a chi sogna campi di battaglia insanguinati, riportando in auge quella obiezione di coscienza che, assieme ad altre idee positive, sembra persa nel frastuono di un mondo sempre meno attento ai valori che sostengono una convivenza pacifica tra i popoli.
Antonio Ricci