

Le diplomazie del mondo, soprattutto quella vaticana, si muovono di solito dietro le quinte. Il fatto che, questa volta, papa Francesco abbia voluto annunciare pubblicamente la delicata missione affidata al cardinale Matteo Zuppi è il segno del suo indifferibile interesse per la pace.
Sul campo di battaglia tutti cercano di mostrare i muscoli. I bombardamenti sulle città ucraine sono quotidiani, come sembra che si siano intensificati gli scontri in vista della tanto annunciata offensiva di primavera dell’esercito di Zelensky. Notizia dell’ultimo momento è lo scoppio verificatosi nella diga di Kakhovka.
Ognuno appare fermo sulle sue posizioni: controllo sulle regioni occupate da parte di Putin, volontà di lotta fino alla vittoria per Zelensky. Tuttavia ci sono piccoli, ma significativi, segnali.
Il ministro degli Esteri russo Galuzin ha dichiarato che la risoluzione del conflitto si basa su “difesa della popolazione del Donbass, smilitarizzazione e denazificazione dell’Ucraina, eliminazione delle minacce per la Russia”.
Non si parla più dell’intangibilità dei territori annessi. Da parte cinese si dichiara di non aver mai detto che la Russia avrebbe potuto tenersi i territori occupati.
È di questi giorni la notizia della visita alla cattedrale cattolica di Mosca del metropolita Antonij Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, stretto collaboratore di Kirill.
Non ci sono state dichiarazioni, ma una nota del Patriarcato dice che “le parti hanno discusso alcuni temi attuali dei rapporti tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica romana”.
Questo piccolo passo premia la tenacia con la quale papa Francesco ha continuato a cercare di tessere fili di speranza. La diplomazia vaticana e il Papa stesso si sono già spesi in varie occasioni per favorire iniziative umanitarie ed aprire corridoi tra le due linee. Già oltre 3.000 soldati ucraini sono stati liberati e diversi prigionieri russi sono stati riconsegnati a Mosca.
Ora il dossier più spinoso è quello dei bambini deportati e fatti adottare da famiglie russe. Il mandato di questa prima fase della missione di Zuppi non è quello di portare Kiev e Mosca al tavolo delle trattative: dovrà cercare soprattutto di favorire un clima che possa portare a percorsi di pace.
Come dichiara la sala stampa della Santa Sede, “si tratta di una iniziativa che ha come scopo principale di ascoltare in modo approfondito le autorità ucraine circa le possibili vie per raggiungere una giusta pace e sostenere gesti di umanità che contribuiscano ad alleviare le tensioni”; ora a Kiev, poi a Mosca.
Le questioni umanitarie possono quindi essere avamposti per impiantare la pace. Nelle intenzioni del Papa, che non è ingenuo, si tratta di porre i primi semi di un dialogo che non sarà né facile né breve.
Giovanni Barbieri