Dal fondovalle ai valichi, che cosa raccontano i luoghi delle statue stele

Al Piagnaro la conferenza di Angelo Ghiretti, direttore del Museo. Sono 83 i reperti trovati

La copia della statua stele Filetto II proprietà degli eredi di Luigi Bocconi che nel 1907 la acquisto per 5 scudi d'argento
La copia della statua stele Filetto II proprietà degli eredi di Luigi Bocconi che nel 1907 la acquisto per 5 scudi d’argento

Davvero interessante la conferenza che il direttore del Museo delle Statue Stele Lunigianesi ha tenuto domenica sera nel Castello del Piagnaro nell’ambito delle “Notti dell’Archeologia” promosse dalla Regione Toscana. I posti su prenotazione e limitati dalle norme anti covid erano andati ben presto esauriti e i fortunati seduti in platea hanno potuto apprezzare nuovi spunti di conoscenza e riflessioni sul misterioso universo di questi reperti che arrivano da un tempo lontano più di cinque millenni.

Alcune statue stele lunigianesi
Alcune statue stele lunigianesi

Al tema – “Cosa raccontano i luoghi delle statue stele” – ci si è avvicinati da un punto di vista statistico per cercare di comprendere meglio il significato di questi muti testimoni del passato. Ghiretti ha spiegato come le stele si possano raggruppare a seconda delle caratteristiche dei luoghi dove sono state rinvenute a partire dal 1827. Il gruppo di gran lunga più numeroso sono quelle venute alla luce su pianori fluviali o di versante (il 75% delle 83 fino ad oggi note); poi ci sono le statue-menhir trovate nelle aree sommitali (19%) e, infine, quelle restituite dalle zone dei valichi naturali (6%). Al primo insieme appartengono le 18 trovate tra Filetto, Malgrate e Mocrone, un pianoro dove erano aree cerimoniali delle età del Rame e del Bronzo e dove si svolgevano anche riti funerari che prevedevano l’omaggio agli antenati.

La statua stele Sorano V trovata durante i lavori di ristrutturazione della Pieve
La statua stele Sorano V trovata durante i lavori di ristrutturazione della Pieve

Tra i tanti reperti della zona Ghiretti ha citato in particolare la “Filetto II”, nota anche come “Stele Bocconi”venuta alla luce nel piano di Malgrate e fatta propria nel 1907 appunto da Luigi Bocconi per 5 scudi d’argento al termine di una lunga trattativa . Acquistata prima della legge di tutela dei beni culturali del 1909, resta di proprietà privata ed è ancora conservata in un palazzo di Pontremoli: l’auspicio è che, prima o poi, possa essere aggiunta alla collezione in mostra nel Museo al Piagnaro, magari solo in deposito, per non privare il pubblico di un reperto certo molto interessante. 
Anche il gruppo di Pontevecchio fa parte delle stele “di pianoro”: nel sito della valle del Bardine negli ultimi due anni sono state condotte altrettante campagne di scavo che devono essere completate prima della pubblicazione dei risultati. Ma anche questa doveva essere un’area cerimoniale già nel IV millennio a.C. in un luogo caratterizzato da un vero e poprio incrocio di vie frequentato già almeno diecimila anni fa. Per il sito di Groppoli, che ha restituito ben otto statue stele, Ghiretti ha ipotizzato l’esistenza di allineamenti lungo la via preistorica di fondovalle ancora “leggibile” fra i torrenti Mangiola e Geriola, in un territorio che potrebbe dunque riservare ancora altre sorprese.

Immagine della stele murata in una casa di Caprio
Immagine della stele murata in una casa di Caprio

Fra le statue stele trovate nelle aree sommitali si segnala quella di Canossa, venuta alla luce nel 1972 nei pressi dell’attuale cimitero, nota per avere il pugnale nel fodero e che ancora in epoca preistorica venne riutilizzata come coperchio per una tomba nella necropoli.
Anche la “Taponecco” appartiene a questo gruppo perché, pur ritrovata nei pressi del paese omonimo, doveva essere collocata in origine sulla sommità del colle dove poi sorse la torre di Apella che si trova proprio sulla verticale del punto di ritrovamento.
Sono invece da ricondurre al gruppo delle “valichi naturali” le tre statue stele trovate a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta a Minucciano: ne dobbiamo immaginare un numero più consistente, conficcate a terra come tanti pugnali ad avvisare che si stava per entrare in un territorio abitato e presidiato: non proprio un segno di benvenuto!
Intanto al Piagnaro si attende l’arrivo delle tre statue stele che si trovavano all’aperto a Scorcetoli, Caprio e Campoli e rimosse per sottrarle alle ingiurie del tempo. Prima della fine dell’estate potrebbero essere inserite all’interno del percorso di visita nel Museo.

Non romane ma etrusche le origini del nome “Sorano”

12soranoLe origini del toponimo “Sorano”, ben noto in Lunigiana per la presenza della Pieve omonima ai piedi della collina di Filattiera, non sarebbero romane, come fino ad oggi ipotizzato, bensì etrusche! Ne ha parlato domenica sera Angelo Ghiretti nella conferenza sui luoghi delle statue stele. In realtà l’ipotesi era stata avanzata ormai una ventina di anni fa dall’etruscologo Giovanni Colonna e pubblicata in un saggio nel catalogo della grande mostra sui Liguri allestita a Genova alla fine del 2004, ma nessuno prima di Ghiretti l’aveva fatta emergere dal monumentale catalogo pubblicato Skira.
Lo studioso ipotizza dunque che “Sorano” derivi da “Sur” (o “Suri” nella grafia settentrionale), la divinità etrusca che si ritrova in numerose località, prima fra tutte il monte Soratte non lontano da Roma e dove è ricordato come “Sur(i)” o “Soranus”, venerato in tutta l’Etruria e nel Lazio. “Acquista spessore – scrive Giovanni Colonna – l’ipotesi che il culto etrusco preesistente sia stato proprio quello di Suri di cui resta traccia nella toponomastica della Lunigiana”, appunto a Sorano.
La suggestiva ipotesi è sorretta dal fatto che nel VII sec. a.C. gli Etruschi erano arrivati a lambire la Val di Magra contaminando le popolazioni liguri confinanti che avevano ereditato le statue stele da misteriose popolazioni più antiche. Nell’area dell’attuale Pieve di Sorano ne sono state ritrovate numerose e una di queste (la “Sorano V”, nella foto) sembra poter essere stata utilizzata quale cippo funerario in quella che doveva essere una necropoli nella quale il culto di “Sur(i)”, divinità degli inferi, sarebbe appropriato.

Paolo Bissoli