Domenica 26 maggio – Solennità della SS.ma Trinità
(Dt 4,32-34.39-40; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20)
A coronamento delle celebrazioni pasquali e prima di riprendere la serie delle domeniche del tempo ordinario, la liturgia ci invita a celebrare solennemente due eventi che sono presenti in tutto l’anno liturgico: la SS. Trinità e il Corpus Domini. Sono avvenimenti di tutte le domeniche, ma per la loro importanza meritano una giornata di celebrazione particolare.
1. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Ogni nostra celebrazione inizia e termina con l’invocazione del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, così come siamo battezzati e perdonati dei nostri peccati nel nome della SS. Trinità.
È cosa buona anche iniziare o terminare la giornata, mettersi a tavola o disporsi a una attività qualsiasi, facendo il segno della croce e invocando la SS. Trinità. Ogni nostra azione infatti ha da Dio il suo inizio e in lui il compimento. Il Padre chiama tutti i popoli, il Figlio li raduna, lo Spirito è donato con il sacramento del battesimo: la Chiesa nasce sempre dalla SS. Trinità.
2. Fate discepoli tutti i popoli. È compito dei discepoli spargere il buon seme del Vangelo gratuitamente, gioiosamente, con fiducia e con serenità, consapevoli che il seminatore “dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce” (Mc 4,27). La crescita del seme non dipende dalla volontà del seminatore, il quale deve soltanto seminare con le precauzioni del caso, con le armi evangeliche della semplicità e della prudenza e con tanta fiducia nell’assistenza dello Spirito, ma senza la pretesa di raccogliere i frutti. Se noi seminiamo, qualcuno raccoglierà.
La trasmissione della fede avviene per osmosi, con contatti personali da parte di persone innamorate di Gesù e della Chiesa, che non perdono tempo in risentimenti o critiche, ma offrono il proprio contributo ‘in positivo’.
La fede non comunicata non è vera fede, perché non solo non raggiunge gli altri, ma neppure coinvolge il nostro cuore. La fede è vera quando si trasforma in testimonianza, provoca l’ammirazione e la conversione, si fa predicazione ed annuncio della buona novella. Per fare questo non servono grandi tecniche, ma una mentalità rinnovata che mette al primo posto il confronto con la Parola di Dio e la partecipazione ai Sacramenti.
3. Insegnando a osservare quello che vi ho comandato. Il comportamento che i discepoli devono proporre ai fratelli non è l’osservanza di una legge, ma l’adesione alla persona di Gesù, è l’imitazione del suo comportamento. La persona di Gesù, quello che lui ha fatto e come si è comportato durante la vita terrena, è la regola comportamentale di ogni cristiano.
Gesù è il ministro della carità che si china su di noi non solamente per rivelare la sua divinità, ma anche per manifestare amore e compassione, specialmente verso chi è indebolito dalla malattia, emarginato dalla società, ferito nel suo intimo dal peccato.
† Alberto