Dov’è la mia stanza?

Solennità del Corpo e Sangue del Signore
(Es 24,3-8; Eb 9,11-15; Mc 14,12-16.22-26)

La festa del Corpus Domini collocata dopo il tempo pasquale ci offre la possibilità di esprimere la devozione al Grande Sacramento con quella solennità che non era possibile il Giovedì Santo.
1. La grande sala arredata. Quest’anno le letture ci presentano i dati visibili della Cena: i preparativi da parte dei discepoli, la grande sala “al piano superiore, arredata e già pronta”, il mangiare e bere degli apostoli con il Signore Gesù.
Quando si insiste nel dire con enfasi che l’unico paramento usato da Gesù durante la Cena è stato un “asciugamano”, si dimentica l’addobbo del luogo e la preziosità della tunica da Gesù indossata, “tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo”.
Durante questa Cena, che i cristiani chiamano “l’Ultima” ma che dovrebbe essere chiamata “la Prima”, Gesù compie tre gesti e richiede espressamente di ripeterli “in sua memoria”: la frazione del pane, la benedizione sul calice, la lavanda dei piedi come gesto di amore.
Con buona pace degli animalisti e dei cristiani fermi al Primo Testamento, nella Cena cristiana non si mangia l’agnello, ma sono ricevuti e consumati pane e vino “in memoria di Lui”, che è il vero Agnello Pasquale.
2. Il segno del pane e del vino. Invitare a cena e accettare l’invito è segno di gioia, gesto di amicizia, legame di comunione. Questo segno umano così espressivo veniva ripetuto dagli Ebrei per ricordare la liberazione e l’uscita dall’Egitto, ma Gesù è andato oltre: ripete il gesto di Melchisedek, che offrì pane e vino, e il gesto dei sacerdoti che ogni sabato nel tempio rinnovavano i “pani della offerta”, o i pani della “presenza del Signore” (Lv 24,5-9; Mt 12,3-6).
Inoltre nel pieno rispetto delle prescrizioni giudaiche Gesù introduce una dimensione verticale molto personale e trasformante, perché nel contesto della Cena compie un gesto di donazione completa ai discepoli come cibo spirituale e anticipo della donazione al Padre con il sacrificio della propria volontà.
Pertanto fin dalla prima generazione cristiana la celebrazione dell’Eucaristia è stata chiamata offerta e sacrificio: è molto di più di una riunione di condominio o di un piacevole ritrovo conviviale.
3. Berrò il frutto nuovo della vite nel regno di Dio. Il partecipare alla mensa del Signore è comunione con Gesù morto e risorto, con Gesù glorificato che siede alla destra del Padre.
Assimilati al Cristo risorto, diventiamo capaci dell’amore universale che Gesù è venuto a predicare e a testimoniare, ci sentiamo in comunione con Dio e con tutti gli uomini, e ci sforziamo di adorare con viva fede il santo mistero del suo corpo e del suo sangue per poter sentire sempre in noi i benefici della redenzione.
La natura umana di Gesù, rinnovata, diviene una “tenda” che introduce al “santuario”, una “via nuova e vivente” che permette di arrivare a Dio. Il risultato è quello di rendere l’umanità capace di una comunicazione perfetta con Dio (II lettura).

† Alberto