

L’approccio alla Fase 2 della lotta al coronavirus ha varie sfaccettature. Si va da chi ancora ha paura di uscire di casa, a chi si muove per motivi strettamente necessari, a chi sommessamente cerca di ritrovare una certa normalità ricominciando a frequentare bar, negozi, luoghi di incontro con le dovute cautele, a chi, affamato di “libertà” e di incontro, ricomincia ad affollare litorali e montagne, dimenticando spesso di attenersi alle più elementari regole di sicurezza.
Ha fatto scalpore lo sfogo dell’anestesista di Milano di fronte allo spettacolo della movida lungo i Navigli. “Io faccio l’anestesista rianimatore per tutti, belli e brutti, bianchi e neri, grandi e piccoli, Italiani e stranieri, insomma non si guarda (giustamente) in faccia a nessuno. Ma non faccio l’anestesista rianimatore per i cretini… Cari cretini, non chiedeteci ancora di rivedere e rivivere i tre mesi appena trascorsi, a causa del vostro cretinismo. Io sono in terapia del sonno per sedare e sopire incubi, insonnie e risvegli dopo tre mesi in un ospedale Covid: e voi che fate? L’aperitivo…”.
Lo sfogo è un appello alla ragionevolezza e a non dimenticare la drammaticità del momento. Se è vero che i contagi stanno diminuendo, è anche vero che il virus è ancora in circolazione e continua a contagiare. La battaglia, per il momento, sembra avviarsi ad una tregua che potrà avere successo soltanto se ci saranno comportamenti adeguati. Il fatto che i numeri degli infetti e dei decessi siano in ribasso non significa che la cosa sia meno grave.
Dietro i numeri ci sono persone. E gli effetti su chi è colpito sono sempre deflagranti. Non conta se sono pochi o tanti. L’insofferenza nei confronti delle limitazioni alle proprie libertà, di spostamento e di rapporti, non colpisce la grande maggioranza della popolazione, ma abbiamo visto che basta poco per rianimare qualche focolaio difficilmente controllabile. Immaginare che si possano con leggerezza riprendere le abitudini del prima coronavirus è impensabile. E questo non riguarda soltanto la gente della movida o quella delle passeggiate del lungomare. L’ansia di riapertura delle “frontiere” ha preso anche i politici, gli amministratori, gli esercenti, gli economisti, tutti gli operatori economici e finanziari.
È chiaro, l’Italia deve ripartire. L’economia è a picco. Le povertà stanno aumentando. Ma se c’è stata una lezione che avremmo dovuto imparare da questa vicenda è che si dovrebbe cercare di mettere da parte i propri egoismi di categoria per guardare al bene comune e per assumere stili di vita più sobri e attenti al rispetto della propria persona e di quella degli altri. La vita prima di tutto. Pensare di ritornare spensieratamente ad un consumismo sfrenato è pia illusione, anche se sarà l’obiettivo, magari nascosto, di troppi.
Giovanni Barbieri