
Nel giro di una settimana aprile ha visto la mutazione dello stato atmosferico si è imposta a suon di rialzo termico e di giornate non particolarmente belle, ma se non altro prive di precipitazioni.
Da novembre in poi, le uniche parentesi di sereno durate più di un giorno si sono ridotte a rari episodi, dei quali il più lungo, a fine febbraio, accompagnato da gelo intenso, e prima e dopo non ha fatto che piovere e soffiare vento. Non sono mancate neppure due visite della neve a inaugurare l’inverno, il 10 dicembre e a salutarlo, il 1° marzo, con tanto di strascico di vetroghiaccio…
Beh, ora è venuto il momento del sollievo: passata pure la prima decade di aprile tra piogge ora deboli, ora moderate, a tratti torrenziali e temporalesche, ecco che il cuore del mese centrale della primavera viene a recare un alito più favorevole a qualche attività all’aperto.
Mercoledì 11, giornata ancora fredda e neve in Appennino, caduta anche il giorno prima. Forti temporali hanno scorrazzato la notte del 12 con gli apporti più consistenti tra la media Lunigiana e la bassa Val di Magra e 30-40 mm diffusi in un’ampia area del bacino.
Residui piovaschi venerdì hanno preceduto un rasserenamento più franco la notte e il mattino di sabato 14. Le correnti si sono andate disponendo da NE con formazione di un caratteristico sbarramento di nubi sul crinale appenninico; il girare dei venti da SE, domenica 15, ha mantenuto al suolo venti da N-NW o N-NE per l’incanalamento imposto dal rilievo montuoso, ma si è trattato, in realtà, di ‘scirocco invorticato’. Le temperature, infatti, si sono portate nettamente sopra la norma nei valori minimi.
Gocce miste a sabbia sahariana non hanno, fortunatamente, imbrattato granché grazie alla sporadicità delle precipitazioni in zona. L’orizzonte è rimasto opaco anche lunedì 16, distintosi per l’evoluzione diurna dei cumuli sfociati in rovesci sparsi nel primo pomeriggio sui monti.
Martedì 17, quietatosi il vento la notte e ampliatesi le schiarite, si è notata una ripresa dell’escursione termica con calo dei valori minimi e punte massime, nel più basso fondovalle, fino a 25-26°C causa effetto favonico.
a cura di Maurizio Ratti, Mauro Olivieri e Giovan Battista Mazzoni