
Domenica 7 ottobre, XXVII del Tempo Ordinario
(Gen 2,18-24; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16)
I farisei cercano di cogliere in errore Gesù, e lo interrogano sulla possibilità del divorzio secondo la Legge. La risposta è un annuncio chiaro, esigente, preceduto da una spiegazione: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”. Dissero: “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla”.
“Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”.
Nel tempo antico la pratica del divorzio era piuttosto comune, permessa esclusivamente su iniziativa del marito. Nell’Antico Testamento non vi è nessuna legge sul matrimonio. I farisei si riferiscono ad un brano del Deuteronomio che appartiene alla casistica, non alla dottrina.
Mosè non aveva detto quanto riportato dai farisei, che riportano le sue parole in modo moralistico e poco fedele: “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla”. In realtà il grande legislatore aveva detto “Se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso”. Viene contemplato il caso in cui l’uomo trovi nella moglie “qualcosa di vergognoso”, espressione vaga, interpretabile in modi diversi; in tal caso, egli ha la possibilità di divorziare.
Ma Gesù non si inserisce nel dibattito tra rigoristi e lassisti. Ci fornisce una chiave per il discernimento della Scrittura: fare riferimento all’intenzione di Dio, e non alle tradizioni umane. Risale al disegno del Creatore, che ci ha fatto maschi e femmine, perché insieme, in due, viviamo nella storia, l’uno di fronte all’altra, in una reciproca responsabilità, chiamati a diventare una sola realtà, una sola carne, a essere amanti con l’arte e la grazia del dono gratuito reciproco, a cominciare dal proprio corpo, costruendo un’alleanza che diventi storia nel tempo e tenda all’eternità, fino alla morte, e oltre.
La conclusione, riservata ai discepoli che chiedono spiegazioni, è lapidaria: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio”. Dio ci ha posto nel mondo per essere la sua unica immagine e somiglianza. Un grande mistero, difficile da vivere pienamente per noi, fragili, deboli e peccatori.
È facile cadere in contraddizione. L’arte di vivere insieme nell’amore è praticabile solo con l’aiuto della grazia. Siamo tentati di usare queste parole del Figlio come un bastone, per giudicare e condannare gli altri, con l’arroganza di chi si sente immune da colpe. Ebbene, dovremmo ricordare ciò che Gesù afferma altrove: “Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore”. Nessuno di noi può considerarsi elevato in uno spazio esente dal peccato.
Ma piuttosto si dovrebbe sentire solidale con quanti, nel duro mestiere del vivere l’impegno matrimoniale, sono caduti nella contraddizione alla volontà del Signore.
Pierantonio e Davide Furfori