Un ministro smarrito tra guerre e pace

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Gli occhi di Josephine

Estate, tempo di vacanze. Un tempo di riposo per ritrovare noi stessi. Ma quale donna o uomo andiamo a ricercare? Quelli che, di giorno in giorno, assistono indifferenti al traffico – mediatico, politico, criminale – di esseri umani, preoccupati solo di salvaguardare il proprio benessere economico, senza più dare alcun peso all’invito evangelico “ero straniero e mi avete accolto”? Un’accoglienza non facile: se fosse, non avrebbe come premio “il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo”. Ma che, se non un gesto di amore, diventa un dovere per poter guardare negli occhi, senza arrossire dalla vergogna, le tante Josephine in cerca di un futuro migliore.

Troppe sono le guerre dimenticate sparse per il mondo e che godono della nostra attenzione solo se ci sono in ballo i nostri interessi. In questi giorni si è saputo che tra l’Eritrea e l’Etiopia  forse si chiuderà una guerra che dura da quasi vent’anni perché ha fatto notizia il gesto di distensione tra i due Paesi.
Qualcuno ricorda la guerra in Somalia o Mogadiscio? Ha fatto notizia per anni. Poi i militari italiani e quelli alleati si sono ritirati. Da allora non se n’è saputo più nulla, ma la situazione è ancora quella di un Paese che non trova pace.
Forse anche Salvini è vittima di questa non conoscenza di ciò che avviene in un mondo che fa esistere soltanto se si è sulle pagine della cronaca. Il nostro enumera le nazionalità degli immigrati saliti a bordo della nave Diciotti: “23 Pakistan, 4 Marocco, 4 Algeria, 1 Bangladesh, 1 Ciad, 1 Egitto, 1 Ghana,10 Libia, 1 Nepal, 7 Palestina, 12 Sudan, 1 Yemen… In quali di questi Paesi c’è la guerra?”
Per quanto riguarda Marocco, Bangladesh, Algeria, Nepal e Ghana può anche aver ragione, anche se le democrazie in quei Paesi sono abbastanza aleatorie. Ma non si può pensare che un Ministro degli Interni non sappia che tra Palestina e Israele non corre buon sangue e che i palestinesi non abbiano vita tranquilla in quella terra.
Nello Yemen c’è una guerra civile che, aggravata da una carestia devastante, dura dal 2015: vi giocano gli interessi contrapposti di Iran e Arabia Saudita e ha già prodotto più morti e sfollati che in Siria. Inoltre non può non sapere della guerra sanguinosa in Sudan, percorso nelle ultime decine di anni da una serie di guerre civili che hanno portato alla creazione di uno Stato, il Sud Sudan.
Il genocidio del Darfur è costato oltre 400 mila morti in 15 anni, oltre a 300 mila morti per malattia e a 2 milioni di sfollati. Ancora oggi c’è la guerra civile nel Sud Sudan e, malgrado il genocidio del Darfur, non c’è alcuna attenzione nei confronti dei diritti umani.
Nel Ciad va avanti un conflitto interno tra le diverse tribù, aggravato da sconfinamenti di Boko Haram ai confini con la Nigeria e dell’Isis sul confine della Libia.
Nel Pakistan nord-occidentale si combatte ancora una guerra civile tra vari gruppi armati locali, tra cui Al Qaeda, e nel Kashmir, conteso tra India e Pakistan non c’è molta tranquillità.
La Libia, dopo la caduta di Gheddafi è diventata una polveriera ed è causa di molti problemi per il nostro Paese. Il Ministro degli Interni non poteva non sapere queste cose.
Quell’affermazione che sottintendeva che quei migranti provenivano da Paesi in pace, sia fatta per ignoranza o per malafede, è grave: un ministro, per propaganda, non può fare dichiarazioni fuorvianti per l’opinione pubblica. Purtroppo c’è troppa gente pronta a credergli.

Giovanni Barbieri