
Si fa propaganda sul calo degli sbarchi e si tace sui numeri dei centri di accoglienza
Una celebre frase del politico australiano William Watt ci ricorda che non bisogna fidarsi di ciò che le statistiche dicono prima di avere attentamente considerato quello che non dicono e la conferma di ciò la troviamo nella lettura degli ultimi dati sulla immigrazione.
Sul sito del ministero dell’Interno, dove è possibile rilevare i numeri sugli arrivi di migranti in Italia o sulla redistribuzione in altri Paesi, si legge che dal 1° gennaio ad oggi sono arrivati 17.168 migranti contro gli 86.520 giunti nello stesso periodo dello scorso anno, con un calo dell’80%. Il dato porterebbe alla conclusione che la politica ferma e risoluta di questo governo stia ottenendo un successo mai raggiunto nel passato. E invece non è così.
Il calo degli sbarchi è il frutto dell’accordo fatto un anno fa con la Libia dal precedente governo per il quale si era registrato un decremento consistente continuato nei mesi successivi. Inoltre questo dato non è in grado di dirci la cosa più importante, ovvero che il “presunto successo” nella diminuzione degli sbarchi è, contestualmente, la sconfitta e la rovina per migliaia di migranti, oggi rinchiusi nelle carceri libiche. Ci sono, poi, dei numeri che non riescono da soli a raccontare ciò che si vuole e vengono omessi o eliminati del tutto. È il caso dei dati sulle accoglienze, spariti dalle satistiche del ministero dell’Interno circa un anno e mezzo fa. Oggi, dunque, non è possibile sapere quante persone sono ospitate nei centri di accoglienza.
Non si fa fatica a capirne il motivo: se la diminuzione degli sbarchi è un successo e la mancata redistribuzione è una responsabilità dell’Europa da certificare sul sito del ministero, i numeri dell’accoglienza, che non diminuiscono e che oggi si attestano oltre le 180mila presenze, sono invece un possibile insuccesso mediatico e, quindi, conviene non pubblicarli.
Vale la pena ricordare lo sforzo che molte organizzazioni stanno facendo per assicurare al Paese un sistema di accoglienza ordinato e funzionale, nonostante certe istituzioni non manchino di stigmatizzare il loro operato etichettandolo come un vero e proprio business.
Tutto ciò senza tener conto del fatto che l’accoglienza è prestata su preciso mandato del governo, attraverso convenzioni con le Prefetture e gli enti locali deputati al controllo di suddetti centri.
La Chiesa italiana, attraverso la sua rete territoriale, ha attivato oltre 23mila accoglienze in 139 diocesi (di cui 3.200 nello Sprar e altrettanti in parrocchie e istituti religiosi), una parte delle quali vengono finanziate con fondi propri o attraverso l’8×1000.
Numeri significativi, che di rado vengono citati dalle fonti ufficiali, ma che è importante menzionare perché raccontano lo straordinario lavoro che le organizzazioni stanno portando avanti responsabilmente a fianco delle istituzioni.