La millenaria e intricata storia della Ucraina

Breve narrazione del Paese ora aggredito dall’autocrate presidente della Russia

Ivan Bilibin (1876 – 1942), “L’amministrazione della giustizia nella Rus’ di Kiev”

La terra ora devastata dalla guerra sembra avere nel significato etimologico del toponimo un suo destino: Ucraina dallo slavo antico significa “al margine”: situata ai bordi nell’immenso Bassopiano Sarmatico, non ha confini fisici che la delimitino e proteggano, solo a sud-est ci sono le alture collinari del Dnepr e del bacino minerario del Donbass (territorio dei due autoproclamatisi stati del Donec e Lugansk e riconosciuti indipendenti il 17 febbraio 2022 dal presidente russo Vladimir Putin che ha scatenato la guerra con l’invasione dello stato sovrano ucraino). In una regione occupata da slavi orientali sorse lo Stato di Kiev, costituito nei secoli VIII e IX dai vichinghi detti Rus, che fu distrutto nel 1240 dai Mongoli; spariti loro, le fertilissime terre nere ucraine finirono divise tra Ungheria, Lituania e Polonia. Solo verso la metà del sec. XVII i cosacchi del Dnepr riuscirono a riscattarsi dalle dominazioni polacco-lituane e accolsero le rivendicazioni dei contadini ucraini contro i proprietari terrieri mettendo le basi dell’identità della nazione ucraina, compresa la lingua e la religione cattolica-uniate. Ma subito dopo, nel 1653, l’Ucraina si unì volontariamente col regno di Moscovia che liquidò nel giro di un secolo l’autonomia e le istituzioni tipiche della comunità cosacca. Sottomessa agli zar, con Caterina II che conquistò la Crimea e fondò il porto di Odessa, portando i russi ai desiderati mari caldi mediterranei, l’Ucraina fu sottoposta a una russificazione demografica e culturale; i tentativi nell’Ottocento di rivendicazioni nazionalistiche furono repressi dagli zar.

Il corso del fiume Dnepr a Kiev

La rivoluzione bolscevica del 1917 permise la formazione della repubblica indipendente ucraina, ma le truppe sovietiche la resero nel 1923 parte integrante dell’URSS, che lavorò molto per privare l’Ucraina della sua identità storica e culturale, a cominciare dalla lingua. Privazione compensata da un forte sviluppo economico, dalla rappresentanza all’ONU e dalla presenza di ucraini nelle alte cariche dello Stato, il più importante sarà Nikita Chruscěv, tra i vincitori nella battaglia di Stalingrado, capo del governo, denunciò la politica di Stalin. Durante la seconda guerra mondiale fu occupata dai tedeschi e oltre 30mila ucraini si arruolarono nelle Waffen-SS in funzione antirussa e antibolscevica e ci fu attività nazionalistica e indipendentistica dell’esercito insurrezionale contro l’Armata Rossa (una forza ancora presente con efficacia nella resistenza contro i russi nella guerra in corso).
Liberata dai russi, fu reintegrata nell’Unione Sovietica, è membro dell’ONU, del Consiglio d’Europa, dell’OSCE. Dotata di importanti risorse agricole (grandi esportazioni di grano invernale) e minerarie (carbone e ferro), l’Ucraina fa fatica a inserirsi nell’economia di mercato; a Leopoli si sono trovati giacimenti di gas naturale, ma per le forniture energetiche dipende quasi interamente dalla Russia. La collettivizzazione agricola gestita da grandi fattorie portò una carestia con 4 milioni di morti. L’Ucraina del secondo dopoguerra è attraversata da tensioni nazionaliste, cresce il dissenso, la politica delle riforme (perestrojka) di Gobarciov favorisce un vivace movimento democratico e nell’agosto 1991 viene proclamata indipendente, confermata da referendum. Nel 1994 stabilisce con la Nato un paternariato per la pace.
Nel 2013 l’autocrate presidente Janukovyĉ sospende l’accordo di associazione con l’Unione europea e vuole relazioni strette con la Russia, ma è rovesciato dalle continue manifestazioni di piazza Maidan. La Russia dichiara unilateralmente l’indipendenza della Crimea e dopo la annette, nel 2014 comincia una guerra a bassa intensità, come si suol dire, che fa molti morti tra separatisti filorussi e russofoni appoggiati da Putin, che opera contro la lingua nazionale che è l’ucraino (o ruteno o “piccolo russo”).
La “eterna” fratellanza russo-ucraina è smentita dalla storia, Putin la afferma ma è in malafede. La storia dell’Ucraina è alquanto turbolenta anche a causa della sua posizione strategica, come destinata a funzione di stato-cuscinetto fra opposti sistemi politici e orientamenti culturali.

Sulla pace perpetua

Nel 1795 il sommo filosofo Emanuele Kant (Königsberg,1724-1804) pubblicò un progetto filosofico-politico Sulla pace perpetua. Fondamentale è la sua “rivoluzione copernicana” nel processo conoscitivo basato sull’attività del soggetto, ma scrive anche su questioni etiche, giuridiche, politiche ugualmente importanti. Sulla pace si ispira alla pace di Basilea stretta tra la Francia insanguinata dalla rivoluzione e la Prussia in guerra permanente contro: la pace si può fare sempre, può essere universale. Kant è sostenuto da sicuro realismo, sa di non essere un sognatore, non pensa che gli uomini possano diventare più buoni, però il suo è un progetto giuridico in grado di abolire la guerra, come già avveniva negli Stati federali.
La via obbligata per la pace perpetua richiede democrazia repubblicana e una stabile pratica di legalità e di libertà, con separazione dei poteri. Se si dà ai cittadini la decisione di fare o no la guerra, la risposta sarà per il no dovendo essi stessi assumerne tutte le responsabilità, “mentre in uno Stato dove il suddito non è cittadino, il decidere di una guerra è la cosa più semplice di questo mondo”. La kantiana filosofia della storia è abbastanza ottimistica: saranno gli stessi mali procurati dalla barbarica libertà degli Stati singoli a spingere gli uomini a creare organismi di diritto interno, internazionale e cosmopolitico, di cui Kant specifica i caratteri negli articoli definitivi, supplementari e nelle appendici del libro. In altre parole, sarà l’egoismo stesso, se non la buona volontà, a portare alla pace perpetua, sarà la miseria procurata dalle continue guerre a far dire un no definitivo alla guerra
Nei sei articoli preliminari Kant specifica le condizioni per costruire pace ampia e duratura. Eccoli: non concludere una pace con la riserva mentale di una guerra futura; non oltrepassare la volontà di tante persone comprando e riducendo uno Stato a proprietà personale; eliminare eserciti permanenti perché essi stessi istigano alla guerra, che è il loro fine e perché costano; non fare debito pubblico per conflitti esterni, la guerra è spesa, non investimento, farla è doppia spesa; nessuno Stato deve interferire con la forza nella costituzione e nel governo di un altro Stato; nessuno Stato in guerra con un altro deve permettersi ostilità tali da rendere impossibile la fiducia reciproca nella pace futura: sono l’uso di sicari, avvelenatori, infrazioni della resa, istigazione al tradimento. Anche in tempo di guerra non si deve spezzare la fiducia nelle buone disposizioni d’animo del nemico. Kant, che distingue la morale dalla politica, ne ritrova poi concordanze nelle cause e negli effetti della pace, che sono l’uguaglianza di tutti i cittadini (suffragio universale), la federazione di liberi Stati, il libero giudizio della ragione da parte di tutti anche dei filosofi, il non intervento di stati stranieri, l’ospitalità universale nella Terra unica patria (invito a cui si oppone il colonialismo e le guerre di rapina dell’Occidente), libertà per tutti di muoversi e di fare una costituzione civile mondiale rispettosa delle leggi Il progetto di Kant non è utopia, la pace è sempre fattibile, non vi è un meglio per l’uomo, se osa pensare con la propria testa. 

 

Maria Luisa Simoncelli