Insegnare

Domenica 18 luglio – XVI del tempo ordinario
(Ger 23,1-6 – Ef 2,13-18 – Mc 6,30-34)

“Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’”. “Venite in disparte”. Gesù pone fine al fare senza sosta, all’insegnare senza ascolto. Un invito che certo profuma di custodia, come se gli apostoli fossero portati via da una vita che li stava mangiando, uomini ubriachi di successo incapaci di darsi limiti, di riconoscere i limiti, uomini stupiti da ciò che avveniva attraverso di loro… e Gesù come padre attento interviene a salvarli dalla consumazione totale. Ma non è solo questo. Perché, in fondo, gli apostoli erano già tornati. Avevano già preso la via del ritorno, si erano già riuniti attorno a lui. Gesù non si limita a concedere spazi nuovi. Gesù, con sicura dolcezza, isola gli apostoli. E il significato vero di questo gesto, quello che gli apostoli capiranno dopo, dopo la morte e resurrezione di Gesù è: l’isolamento del profeta. Perché essere suo apostolo è abituarsi a vivere in disparte. Anche se sei sempre nel cuore del fare, di un fare che spesso non lascia tregua, dalla mattina alla sera e nel cuore di un insegnamento continuo, che l’apostolo deve parlare anche quando vorrebbe starsene zitto. Ma se sei profeta devi fare i conti con la distanza: il profeta proprio per il suo essere profeta dovrà reggere il dolore dell’essere sempre in disparte rispetto alla folla. E questo a volte riempie di orgoglio, spesso riempie di vuoto e di smarrimento. Gli apostoli moriranno in disparte. Ed è giusto che si abituino. Vero gesto di tenerezza e di compassione è questo seme di Senso lasciato scivolare nelle vite dei discepoli. Non è solo riposo, è profetico atteggiamento per quando la vita mostrerà il suo vero volto.
“Voi soli”. Perché non c’è riflesso che basti a riempire la solitudine profonda del profeta. Non bastano occhi ammirati, ci sarà sempre una solitudine, ma una solitudine plurale. Mi pare un graffio geniale questo “voi soli”, una solitudine di massa, una solitudine nel cuore della folla, nel cuore di un voi che può diventare pesante e aggressivo. Perché la solitudine vera non è rimanere da soli con se stessi, quella è intimità, solitudine vera è sentirsi immersi in un voi che non può mai permettersi di trasformarsi in un tu.
“In un luogo deserto”. Non può essere solo riposo. Non può essere il banale intervento di un maestro che protegge i suoi discepoli. Gesù apre un deserto, perché non c’è profezia senza deserto. Un deserto dentro, luogo in cui puoi camminare solo se non smarrisci fiducia nella Promessa di una Terra, luogo inospitale e duro, luogo dove per vivere devi essenzializzare tutto. Il deserto prosciuga. Mette alla prova. Luogo di tentazioni. Tentazione dell’apostolo, tentazione per eccellenza dopo essersi risvegliato dalla sbornia del successo, è quella dello smarrimento, paura di essersi sbagliati. Gesù porta i suoi nel deserto perché gli apostoli avranno deserti da attraversare che per ora non possono nemmeno immaginare.
“E riposatevi un po’”. Ri-poso. Posare l’affanno, lasciare andare le urgenze, abbandonare le immagini, le idee, le aspettative, i deliri di onnipotenza, l’urgenza di apparire sempre perfetti e impeccabili… non è facile riposare, vuole saggezza e libertà.

don Alessandro Deho’