San Geminiano, il santo protettore di Modena, Pontremoli e San Gimignano

31 gennaio. In tempi diversi le tre città sono tutte legate al santo nei confronti del quale continua una devozione che ha origini antiche

Taddeo di Bartolo, San Gimignano (1401)

“Ad imitazione di Narsete mossi i pontremolesi a singolare devozione verso S. Geminiano, lo presero anch’essi per loro singolare protettore et a di lui onore inalzarono in Pontremoli un sontuoso tempio […]”. È il cronista pontremolese Bernardino Campi (1656-1716) a ricordarci l’origine della devozione della città al santo modenese facendo riferimento al bizantino Narsete, “capitano generale dell’imperatore Giustiniano”, che nel 552 riuscì a sconfiggere i Goti nella battaglia “in cui vi restò morto Totila, loro re”.

Lo stesso Narsete, “nel ripassare più volte per Modena, aveva udito e veduto le prodigiose grazie e stupendi miracoli, che operava il glorioso San Geminiano […] giunto in Venezia, innalzò un tempio al suo protettore”. I pontremolesi fecero altrettando, costruendo una chiesa nel centro della città e dedicandola al santo. Era ben nota, infatti, l’intercessione di San Geminiano presso Dio per la salvezza di Modena, città nella quale era morto nel 397.

Giovanni Maria Parente, Vita di san Gimignano, 1495

Poco più di cinquant’anni dopo, nel 452, gli era stato attribuito lo scampato pericolo dalla minaccia di distruzione annunciata da Attila: terrorizzati dalla notizia che il re degli Unni stava arrivando per mettere Modena a ferro e fuoco, gli abitanti invocarono l’aiuto del santo. E una fittissima nebbia avvolse miracolosamente la zona, così che Attila superò la città proseguendo la marcia senza vederla.

La statua di San Geminiano nel Duomo di Pontremoli

Simile il miracolo attribuitogli un secolo dopo nella città toscana che porta il suo nome: San Gimignano. Anche la comunità della val d’Elsa gli riconosce il merito di averla salvata dal saccheggio che un altro “barbaro”, Totila, voleva mettere in atto: era il 550 e infuriava la già ricordata guerra tra Bizantini e Goti. San Gimignano doveva essere poco più che un villaggio che, tuttavia, da lì a poco avrebbe conosciuto una crescita continua e importante: Sigerico, l’arcivescovo di Canterbury, quattro secoli dopo l’avrebbe citata nel suo viaggio di ritorno da Roma.
“Sce Gemiane”, come annotò nel diario, era stata la diciannovesima sosta in uno dei borghi incontrati lungo la via Francigena: in quel 990 il luogo era in pieno sviluppo e nel Duecento avrebbe conosciuto un dei periodi più ricchi quale fiorente centro di commerci, soprattutto dei prodotti di una agricoltura che poteva contare su terreni particolarmente fertili nei quali veniva coltivato un vero e proprio gioiello molto richiesto: lo zafferano. Proprio dalla metà del XIII secolo la comunità caratterizzata dalle alte torri (se ne arriveranno a contare fino a 72, venticinque delle quali ancora esistenti!) vide insediarsi importanti ordini religiosi e, l’8 maggio 1300, ospitò anche Dante Aligheri nella veste di ambasciatore della Lega Guelfa.

Se a Pontremoli la millenaria chiesa di San Geminiano ha ceduto il titolo di parrocchiale al vicino Duomo di Santa Maria Assunta, il santo è tuttora titolare delle vicine parrocchie di Careola e Torrano, mentre nel resto della nostra diocesi a lui sono dedicate le chiese di Alebbio (Fivizzano), Antona (Massa) e Irola (Villafranca).

Paolo Bissoli