Elezioni. In direzione ostinata e contraria

10Salvini_DiMaioCi perdonerà Fabrizio de André se sfruttiamo il verso di una sua canzone per titolare questo editoriale all’indomani delle elezioni che con tutta probabilità daranno una scossa notevole al panorama politico italiano. Il fatto è che il successo, netto e indiscutibile, di M5S, per chi non ne condivide le caratteristiche di base, non fa altro che rendere ancora più inquietanti le tante contraddizioni emerse e sottolineate a più riprese in questi anni.
Questo perché i risultati delle votazioni di domenica scorsa, indicandolo come primo partito italiano, ben al di sopra di qualsiasi altra formazione, gli hanno affidato responsabilità che, d’ora in avanti, non sono più affare di quanti in esso si riconoscono, ma di tutto il Paese.
Allora è più che lecito – e Di Maio e compagni dovranno farci l’abitudine – “fare le pulci” all’organizzazione di questo che non vuole essere chiamato ‘partito’ e che, comunque, nel prossimo futuro sarà chiamato a giocare proprio quei ruoli che la Costituzione ai partiti affida.
Non essendo più il momento del “contro tutti”, né tanto meno dei “vaffa”, è giusto tornare su alcune delle contraddizioni più eclatanti cui sopra si accennava. L’idea del “partito digitale” poteva piacere o meno al momento della nascita, ma ora diventa un fatto su cui riflettere con attenzione.
Come si fa ad accettare che la politica possa essere decisa attraverso una piattaforma digitale – controllata da un singolo individuo, che quindi è proprietario di tutti i software e di quelli che vengono definiti i “big-data politici – quando è risaputo che le persone ‘digitalizzate’ sono in Italia una netta minoranza e la connessione a internet è in molte parti del Paese ferma all’età della pietra?
Cosa dire, poi, delle votazioni on line sulle decisioni da prendere o sulla selezione dei candidati, fatte sulla base di piattaforme dove non è previsto alcun controllo indipendente sulla veridicità dei risultati?
Senza dimenticare che, secondo alcuni dati, ad esercitare il voto on line sono solo un quarto degli iscritti, alla faccia della lotta all’astensionismo!
È vero che il sistema di selezione dei candidati dei partiti tradizionali è pieno di contraddizioni: si va dalle nomenklature chiuse, frutto di accordi di potere alle “novità” tipo Berlusconi con candidati scelti ‘ad personam’ dal “padrone” del partito.
La vera sfida dovrebbe essere quella di migliorare il sistema, aprendolo alle istanze provenienti dall’esterno della politica (chi ricorda le promesse di coinvolgimento della ‘società civile’ di moda negli anni ’90 dello scorso secolo?), non affidandolo ad una specie di lotteria on line per vincere la quale possono bastare poche decine di consensi, nemmeno verificabili nella loro attendibilità.
Un’altra incertezza che M5S è chiamato a dipanare è quella che riguarda l’orientamento di un’eventuale governo a guida penta stellata. Pur ammettendo che le definizioni “destra “ e “sinistra” abbiano perso molti dei significati che le caratterizzavano fino a pochi anni fa, le soluzioni da dare ad argomenti come più o meno Stato e politici, Europa, migrazioni, tasse, sindacati, lavoro, volontariato, tv pubblica non possono prescindere da un’impostazione di fondo sul modo di intendere la società e di favorirne le diverse componenti.
A prescindere dalle idee personali, fino a quando M5S non darà ampia dimostrazione di voler “crescere”, a costo di apparire dei dinosauri in via di estinzione, continueremo a camminare nel senso del verso di De André citato nel titolo.

Antonio Ricci