Attraverso la notte dell’orto degli Ulivi

Domenica 17 ottobre – XXIX del tempo ordinario
(Is 53,10-11 – Eb 4,14-16 – Mc 10,35-45)

È tutto un grande equivoco. Non ci si capisce, non ci si incontra, non ci si comprende. Eppure non sembra essere questo il problema vero. Problema vero è che i discepoli credono di aver compreso tutto. Ed è il vero dramma. Si rimane come sospesi, convinti di essere ciò che non si è, un incanto religioso, e il risveglio può essere drammatico. Sei convinto che la tua vita è vita da discepolo, hai detto di sì alla sua proposta, l’hai seguito e hai persino creduto di poter essere il migliore tra i discepoli, poi un giorno apri gli occhi e vedi l’ombra lunga della croce e scappi. È stato tutto un grande equivoco? Dove la gioia che mi hai promesso quando mi hai strappato dalla riva pescosa del mio lago? Quale gioia ad averti detto di sì?
La cronaca della richiesta di Giacomo e Giovanni nei confronti di Gesù narrata dal Vangelo di oggi è ironia feroce contro la nostra incapacità di riconoscere la nostra cecità. Sono parole graffianti, che fanno male, scagliate per svegliarci in tempo dall’incantesimo che ci tiene prigionieri di noi stessi. Non è un caso che questo brano preceda il cieco di Gerico che, a sua volta, anticipa il cammino finale di Gesù incontro alla morte. Come i discepoli siamo ciechi che credono di vedere, muti convinti di parlare, uomini chiusi nella nostra piccolezza eppure convinti di aver diritto a posti d’onore. “Maestro vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiediamo”. E non sarebbe domanda così scandalosa se nascesse da un cuore provato dalla mancanza. Se fosse di cieco o lebbroso o peccatore la stessa frase sarebbe un urlo di speranza, una preghiera. Ma loro sono discepoli e quello che vogliono è prendere almeno un pezzo della sua gloria, sedersi a destra e a sinistra. No, non sarebbe richiesta scandalosa se i due sapessero. Ma non sanno. “Voi non sapete quello che chiedete”. Loro non sanno che la Sua gloria ha la forma della croce, della vita donata per amore. Un grande equivoco.
E neanche noi sappiamo Signore la profondità e la follia della tua logica. E credo che nemmeno Gesù sapesse quanto amaro fosse il calice a lui riservato fino a quando arrivò all’orlo della disperazione nell’Orto degli Ulivi. Nemmeno Gesù sapeva della folle logica divina e del prezzo che chiede il battesimo nella carne, quella discesa dolorosa ad amare così tanto l’uomo da scegliere di morire per lui. Fino a un passo dalla croce nemmeno Gesù poteva sapere il vero volto della gloria, la gloria divina, quella che coincide con la morte. Nemmeno Gesù poteva sapere che alla destra di Lui, nella gloria di una corona di spine, avrebbero trovato posto due malfattori, due assassini, due scarti della società. Dall’equivoco emergi attraversando, ad occhi aperti, l’Orto degli Ulivi.

don Alessandro Deho’