
Domenica 21 marzo – V di Quaresima
(Ger 31,31-34; Eb 5,7-9; Gv 12,20-33)
La frase irrompe nella pagina del Vangelo con forza: vogliamo vedere Gesù!. I Greci urlano il loro desiderio e un desiderio urlato diventa subito pretesa. Graffia la pagina. Increspa il silenzio. Bisogna avere cautela con le epifanie della vita. E non forzarle mai. Magari suscitarle, ma accarezzando il silenzio. I Greci vogliono immediatezza, come se vedere Gesù fosse un diritto. Ma è come voler pretendere da uno sconosciuto di essere amati, immediatamente. La frase ha l’effetto di una pietra nello stagno: Filippo cerca Andrea, Andrea e Filippo cercano Gesù. E a me sembra l’unica risposta possibile da regalare ai Greci. Vuoi vedere Gesù? Ti regalo una umanità che si cerca e che Lo cerca. Nessuna pretesa è possibile nel campo della fede. Nulla di immediato. Il volto di Gesù è accennato costantemente dal ricamo di una Comunità che si cerca in legami di fraternità. Il profilo del volto di Dio tracciato dalla traiettoria lieve di una fraternità costantemente da scegliere. A noi Comunità Cristiane saper cogliere con affetto le pretese del mondo e saperle trasfigurare in testimonianza.
Il volto dei discepoli arriva negli occhi di Gesù. Lui accoglie i due amici come quando un fiore accarezza una farfalla. Nel polline della speranza si adagiano Andrea e Filippo. E forse si aspettano di comprendere, finalmente, come sarà la manifestazione del Messia. Cercano fuori ciò che impareranno a cercare dentro. Cercano dall’Alto ciò che impareranno a inventare dal basso. Cercano nelle voci celesti ciò che dovranno costruire faticosamente, giorno dopo giorno, impastando la luce alla terra, le loro voci alla Parola, il pane al Vangelo… Gesù è turbato. Non si aspettavano quel profilo teso e quella durezza propria dei momenti più decisivi. Sembra quasi voler piangere. È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato… ma la voce è increspata e rotta. Come se la gloria fosse un sacrificio. Andrea e Filippo aspettano. Tremanti. Non sarà l’apoteosi di un cammino, o almeno non lo sarà secondo gli schemi della gloria umana.
Se il chicco di grano, caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto. Per vedere Gesù servono occhi capaci di andare sotto la crosta del mondo. No, non possono ancora vedere i Greci e nemmeno i discepoli possono capire. Un brivido lungo la schiena, il turbamento di un uomo: la tentazione della solitudine. La tentazione di trattenersi. Di rimanere, come seme, in superficie. Ma quella sarebbe solo eternità, non vita eterna. Per la vita eterna il seme deve far esplodere il mistero che pulsa in profondità. Vogliamo vedere Gesù urlavano i Greci: Gesù chiede allo sguardo una doppia profondità: dentro la terra e dentro il cuore di un seme. Chiede di andare dentro la materia. Per quando vedere la gloria sarà scendere in un incubo di carne e di sangue rosso passione.
don Alessandro Deho’