

Si può giocare sul nome – seconda ondata, ripresa, ripartenza – ma non sulla preoccupazione, se non paura, che i dati in materia di pandemia in questi giorni di inizio autunno stanno di nuovo diffondendo un po’ in tutti i Paesi; soprattutto in quelli europei, che a giugno-luglio, faticosamente, avevano esultato per la drastica riduzione dei casi di contagio. Non era andata così per gli Usa né per il Sud America, che hanno pagato il colpevole comportamento dei loro governanti.
Oggi quegli Stati stanno ancora lottando contro livelli di pandemia elevati e non sanno se, né come, potranno uscirne; per questo motivo, soprattutto Trump in piena dirittura d’arrivo di campagna elettorale, spingono molto – e in modo dissennato – sulla promessa dell’arrivo a breve di un vaccino che invece gli esperti predicono ancora di là da venire.
A tremare, in Europa, sono soprattutto il Regno Unito, la Spagna, la Francia e anche la Germania, dove i casi di contagio e i ricoveri nei reparti di emergenza hanno preso a risalire al punto da indurre i governi all’idea di ricostituire i reparti Covid e di ripristinare le famigerate “zone rosse”, almeno su porzioni più o meno limitate di territorio.
Sono lontani i tempi in cui Boris Johnson faceva notizia per il suo stupido rifiuto a riconoscere la portata del disastro: ora è lui che attira su di sé le proteste di chi, nel nome della sopravvivenza economica, chiede di non bloccare la mobilità dei cittadini. Non che l’Italia possa ritenersi fuori dalla mischia.
La facilità di spostamento delle persone, unita alla caduta di tante barriere di frontiera, rende quanto mai arduo garantire i controlli: tra uno Stato e l’altro, ma anche tra una regione e l’altra. In altra parte del giornale riferiamo della situazione di allarme creatasi alla Spezia; tante altre situazioni critiche si sono segnalate durante l’estate per i motivi più diversi; in grosse difficoltà è anche il mondo dello sport, specie gli sport di squadra, dove il contatto dovuto ad una azione di gioco a o all’esultanza per un gol o per la vittoria rende del tutto patetica la misura del mantenimento della distanza.
Il caso del Genoa (11 contagiati) metterà più di un bastone tra le ruote all’idea di aumentare al 25% della capienza la presenza dei tifosi negli stadi. Bisogna, quindi, ammettere che il criterio di prudenza, raccomandato nelle situazioni di incertezza scientifica, non è segno di debolezza ma un accorgimento che può evitare danni più gravi.
Comunque vadano le cose, è di conforto sapere che decisivi passi in avanti sono stati fatti nella cura dei pazienti colpiti dal contagio, ma resta valido l’altro principio secondo il quale la miglior cura è la prevenzione. Per questo siamo tutti invitati a perseverare nei comportamenti virtuosi, nell’attesa che la scienza possa debellare o mettere all’angolo questo virus così insidioso.
Antonio Ricci