
Domenica 3 novembre. XXXI del Tempo ordinario
(Sap 11,22-12,2; 2Ts 1,11-2,2; Lc 19,1-10)
Nel corso del suo cammino verso Gerusalemme, Gesù, attraversando il deserto di Giuda, raggiunge l’antichissima città-oasi di Gerico, al confine della provincia romana della Giudea, nei pressi del Mar Morto, ultima tappa prima della salita verso la Città Santa. In questa città vive il ricco Zaccheo. È il capo dei pubblicani, titolare di una ricchezza smisurata e truffaldina, con una pessima reputazione. Ma il Maestro vede innanzitutto in lui un uomo, certo un peccatore, ma comunque uno di noi. È titolare di un nome importante, che significa “puro”.
Più e più volte il Figlio cerca la compagnia di persone che i pii ebrei emarginano e condannano. Mangia e beve con loro. Ci vuole far entrare nella testa e nel cuore che la condizione di ogni essere umano è il peccato, più o meno nascosto. E ci indica che i peccatori pubblici, esposti al biasimo altrui, sono più soggetti a desiderare di cambiare. E Zaccheo è addirittura il capo locale dei pubblicani, ed è ricco. La riflessione sulla ricchezza nel vangelo di Luca non fa sconti. Poco fa, dopo l’incontro infruttuoso con l’uomo ricco, Gesù aveva detto che è difficile per un ricco entrare nel Regno di Dio. E, alla domanda dei discepoli su chi possa salvarsi, aveva risposto che ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio. È proprio quello che succede in questo momento.
C’è una differenza: Zaccheo è pronto ad ammettere di essere un peccatore. Non dichiara di aver osservato i comandamenti fin dalla giovinezza, come quell’altro. Sa di avere bisogno di perdono. “Cercava di vedere chi era Gesù”. Ha un grande desiderio di conoscere quel Gesù di cui ha sentito parlare, e spera che l’incontro con lui possa cambiare la sua vita. “Ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura”. È pure tracagnotto. il suo limite fisico lo ostacola, ma non si rassegna. Non dobbiamo rimandare la ricerca di Gesù in attesa di divenire perfetti, splendidi e magnifici. Dobbiamo portare con noi i nostri limiti, le nostre tare, e anche la nostra oscurità.
Inoltre le nostre comunità devono cercare di non impedire ai fratelli di avvicinarsi a Gesù, come fa la folla con Zaccheo. “Allora corse avanti…”. Precede Gesù, gli passa avanti. È una cosa inusitata nei Vangeli, dove il discepolo sta sempre dietro a Gesù. Ma altrove il Maestro ci insegna che i pubblicani e le prostitute ci precedono nel Regno di Dio. “…,e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro”. Il capo dei pubblicani si rende anche un po’ ridicolo. È un uomo noto, potente e rispettabile, e si affanna ad arrampicarsi su un albero frondoso, quasi a non farsi vedere.
“Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo venire a dimorare a casa tua”. È un ribaltamento. Noi vogliamo vedere Gesù, e stare con lui, ma è lui che ci vede, ci ama in anticipo, ci chiama, e ci offre la sua vita. Ci chiede solo la nostra disponibilità a predisporre tutto per il suo ingresso nella nostra. E lo fa con delicatezza. Crea uno spazio di fiducia, e di libertà, in cui possiamo entrare, senza aver paura, e senza sentirci giudicati. Non ci incontra in quanto peccatori, non ci riduce ad una categoria.
Ci incontra in quanto uomini come lui.
Pierantonio e Davide Furfori