
Quello che si è presentato ai cittadini italiani come “il governo del cambiamento”, ha concluso questo anno denso di novità per il Paese in un modo che nemmeno “il governo di conservazione” più legato agli schemi tradizionali della politica avrebbe potuto eguagliare; lasciamo perdere – non basterebbe l’intera pagina per approfondire l’argomento – il senso di improvvisazione che ha accompagnato tutta la preparazione della manovra finanziaria (ricordiamo: una specie di carta d’identità per un esecutivo) e con esso tutto il can-can social mediatico agitato in questi ultimi mesi.
A sconcertare è stato soprattutto il modo in cui la sua approvazione è passata come uno schiacciasassi sulle due Camere che l’hanno dovuta votare in fretta e in furia. Spesso, per non dire sempre, i governi hanno fatto ricorso al voto di fiducia, ma poche volte nella storia della nostra giovane repubblica si è dovuto assistere allo spettacolo desolante di un Parlamento messo in mora dall’attesa del testo finale, sconosciuto fino all’ultimo anche agli stessi rappresentanti dei due partiti di maggioranza.
Poi, in extremis, riposti i pallottolieri con i quali si è riusciti a far emergere quel decimale del ,04% che ha permesso al governo di salvare la faccia mantenendo comunque un 2 tra gli interi, l’approvazione senza la minima possibilità di ragionare sui numeri presentati.
Uno spettacolo davvero deprimente, che ha fatto subito rimpiangere, nell’ordine, la prima e la seconda repubblica, fino – udite, udite – a Berlusconi e i suoi ministri Brunetta e Tremonti. Il che è tutto dire!
Ci sarà tempo per analizzare i dettagli delle cifre indicate nel testo approvato, ma alcune considerazioni saltano agi occhi.
Dal punto di vista economico, l’elemento più preoccupante è senza dubbio la scelta, dettata da promesse elettorali e non da analisi economiche adeguate, di spendere l’aumento del deficit quasi esclusivamente in provvedimenti di tipo assistenzialistico.
L’espressione “abbiamo messo nelle tasche degli italiani 20 miliardi” si guarda bene dallo spiegare che, posto che ciò sia vero, quei soldi non erano conservati in un forziere al Ministero del Tesoro, ma vanno, tutti o quasi, ad aumentare il debito.
La scelta dei due partiti di maggioranza di rimanere fedeli ai due provvedimenti-bandiera – quota 100 e reddito di cittadinanza – ha condizionato tutto l’iter della legge di bilancio: è scontato che tutto ciò sia legato alla prossima scadenza delle elezioni europee di maggio. La possibilità di far quadrare i conti, invece, è tutta spostata sui due anni successivi, 2020 e 2021, con tutta l’incertezza derivante dall’andamento dell’economia a livello internazionale, che da tempo lancia segnali di un possibile rallentamento.
Se ciò dovesse accadere, cosa potrà fare il nostro Paese per non affondare nei debiti?
Antonio Ricci