Saziaci, Signore Gesù, con il tuo amore: gioiremo per sempre

Domenica 14 ottobre, XXVIII del Tempo Ordinario
(Sap 7,7-11;  Eb 4,12-13;  Mc 10,17-30

38vangeloUn giovane, entusiasmato da quello che ha sentito di Gesù, lo raggiunge, gli si inginocchia davanti e gli pone una domanda fondamentale: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Il Figlio replica con una contro-domanda: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo”.
Sembra una risposta poco pertinente, ma chiarisce il dialogo: ogni uomo è malvagio, se si confronta con i comandamenti, specialmente quelli della seconda tavola, che riguardano il rapporto tra noi e gli altri. Gesù gli suggerisce di usare questa parte della legge come guida per raggiungere il Regno di Dio: la bontà che Dio vuole da noi è, prima di tutto, verso gli altri. Il volenteroso giovane dichiara: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”.
Gesù lo fissa, vuole instaurare una relazione più profonda: sa che non è vero che ha osservato pienamente la Legge, ma accoglie la sua convinzione, e non lo contraddice. Vuole che si senta conosciuto nel suo cuore, accolto. Dimostra di essere davvero buono, capace di amare in profondità, non come l’uomo, che guarda solo l’esteriorità.
Quel giovane capisce che Gesù gli offre attenzione e amore, che, anche se non meritati, sono da accogliere con stupore e gratitudine, perché sono grazia. Ora che la relazione tra Gesù e il giovane è profonda, è possibile dire la verità per intero.
“Una cosa sola ti manca, va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!”. Lo invita a riconoscere che gli manca qualcosa, e quindi non può essere soddisfatto di se stesso. Lo sguardo e l’amore di Gesù lo spingono a cambiare vita, a mutare i rapporti che ha con gli altri e con le cose, per poter seguire Gesù in pienezza. Seguire Gesù senza riserve, senza garanzie, senza vie di fuga, è una decisione da cui non si può tornare indietro: cambia radicalmente il rapporto con i beni, cambia la relazione con i poveri. Solo così si può seguirLo senza nostalgie, e senza indecisioni per scelte ancora da fare.
Ma il giovane non crede abbastanza a quell’amore. Nella sua ricerca di senso è stato pieno di zelo. Ora è giunto alla possibilità di scegliere non cosa fare, ma cosa essere. “…se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni”. Di fronte all’offerta di rischiare l’amore, si rabbuia, si incupisce, e, con tristezza, se ne va di nuovo per la sua strada, lontano da Gesù.
Aveva molte ricchezze, troppe per essere libero di seguirLo. Come la maggior parte di noi e degli uomini di tutti i tempi ha più fiducia nelle ricchezze che possiede (o che lo possiedono), di quanta non gliene ispiri il Figlio. Preferisce il proprio stile di vita, a cui è abituato e che lo rassicura, invece di accettare la scommessa che il Figlio gli offre, con la quale ottenere “il centuplo quaggiù e l’eternità”.
Osservava formalmente la Legge, ma non ne comprendeva lo spirito. La ricchezza può catturare la fede dell’uomo e facilmente farsi idolo, rendendolo idolatra. Di fronte a ogni sorta di bisogno o di male la ricchezza appare come un possibile antidoto, una via per uscire dalla sofferenza. E il fatto che non funzioni è sempre un’amara sorpresa.

Pierantonio e Davide Furfori