“Riusciranno i nostri eroi…?” Così iniziava il titolo di un film di successo di tanti anni fa, che vedeva alcuni tra i migliori attori nazionali del momento impegnati nella ricerca di un amico scomparso in Africa. Così si potrebbe titolare la ricerca, da parte degli eroi di oggi, Salvini e Di Maio per intenderci, di un governo che, se non scomparso, per lo meno appare avvolto nelle nebbie di quella che gli stessi si sono affrettati a definire “terza repubblica”.
Abbiamo già sottolineato alcune incongruenze subentrate nel dibattito politico dopo il 4 marzo, in gran parte figlie di altre evidenziatesi nella campagna elettorale. Questa è stata impostata, soprattutto dai nostri due ma un po’ da tutti, come se la competizione fosse fondata su di una legge elettorale maggioritaria: tutti contro tutti e chi vince prende Palazzo Chigi.
Una scelta operata, a nostro modo di vedere, in mala fede perché chiunque, anche i nostri “eroi” quindi, poteva capire che sarebbe stato difficile un risultato che permettesse ad una sola parte di avere una maggioranza solida in Parlamento. Chiaro che, dopo le elezioni, tutti i veleni sparsi via social – sull’uso di questi strumenti e solo di essi da parte dei politici attuali bisognerà pure riflettere – sono, per così dire, venuti al pettine sotto forma di tanti cavalli di Frisia che ostacolano il dialogo tra le fazioni.
Ad oggi, sembra che la lezione non sia ancora stata recepita, se è vero che il massimo di apertura manifestata dai leader vincenti (si badi bene: non vincitori) è quella di permettere agli avversari (meglio se “perdenti”) di entrare in un governo come comprimari, essendo il presidente del Consiglio e il programma già definiti dalla parte più forte.
Vero è che il tutto potrebbe essere un “tiatro”, come scriverebbe Camilleri, per confondere le acque in vista del nuovo giro di consultazioni, ma i toni non sembrano avallare questa ipotesi. Eppure, come ha affermato il presidente Mattarella, non avendo nessuna parte i numeri sufficienti per formare un governo “è indispensabile che vi siano delle intese tra più parti politiche”.
Per arrivare a questo, bisogna che passi indietro siano fatti anche nelle dichiarazioni che classificanoqualsiasi tentativo di intesa come “inciucio”. Non è così se le trattative sono fatte alla luce del sole e nel rispetto delle procedure costituzionali.
C’è un altro problema già più volte ricordato: il Paese non può permettersi di restare troppo a lungo senza un governo “vero”, capace di prendere decisioni ormai non più rinviabili e che, guarda caso, non vanno nel senso delle promesse populiste da campagna elettorale ma riguardano aspetti dell’organizzazione dello Stato bisognosi di essere svecchiati e adeguati alle nuove regole della competizione internazionale.
Antonio Ricci