
Il Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea ha finalmente partorito il nuovo codice di condotta delle organizzazioni non governative (Ong) che eseguono missioni di ricerca e salvataggio dei migranti nel Mediterraneo centrale, presentato dal ministro Minniti sotto la spinta dei partner europei. Si va dal divieto ad entrare in acque libiche, a quelli di non effettuare segnalazioni luminose o telefoniche, di non trasbordare profughi su altre navi, all’obbligo di accogliere a bordo ufficiali di polizia giudiziaria, di comunicare l’avvistamento e il successivo intervento, di dichiarare le fonti di finanziamento.
Il primo allarme viene lanciato dall’Unicef , convinta che “il codice di condotta proposto per le Ong potrebbe mettere a rischio molte vite, soprattutto quelle dei bambini” poichè potrebbero essere esposti al rischio di essere rimandati in Libia senza misure di protezione.
Tra le misure c’è anche il divieto, per i Paesi Ue, di vendere gommoni e fuoribordo a libici sospettati di utilizzarli per il traffico di essere umani. Sembra che questi signori ignorino che ci sono società cinesi che li vendono su internet con la dicitura “refugee boat”, gommoni per rifugiati.
Comunque l’idea fissa del momento da parte dell’Ue è quella di risolvere la crisi politica in Libia: “è impensabile immaginare di poter bloccare la rotta del Mediterraneo centrale” senza aiutare le autorità libiche a realizzare il controllo del territorio. Vuol dire chiudere gli occhi di fronte alla realtà. Prendersela con le Ong significa distrarre l’attenzione da problemi che non si vogliono affrontare in quanto politicamente pericolosi. Sulla propria sicurezza nazionale tutti i Capi di governo europei stanno fondando la loro credibilità.
Grande solidarietà e comprensione per l’Italia, ma prima vanno affrontati problemi che al momento non hanno soluzione. Chi comanda in Libia? Chi può garantire che in un futuro a breve termine si possa insediare un governo credibile? Ma c’è un dramma più evidente che si vuole ignorare. La massa di persone che scappa dalle guerre o dalla fame e che è assiepata nei campi libici è destinata a crescere. Si può anche impedire che prendano i gommoni, nel qual caso la loro sorte è di essere parcheggiati in campi profughi enormi senza tutela e senza dignità.
Ed è anche ridicolo chiamare la gran massa di queste persone “migranti economici”, come fossero grandi finanzieri. Si dice: “aiutiamoli a casa loro” ma sarebbe bene andare a vedere quanti Paesi rispettano l’impegno a devolvere lo 0,7% per gli aiuti della cooperazione internazionale. E se anche si andasse ad organizzare una specie di piano Marshall per l’Africa ci vorrebbero decenni, se va bene, per vederne i frutti. Mentre le guerre e la fame sono una realtà dell’oggi e, sicuramente, del futuro prossimo.