
Domenica 28 maggio, Ascensione del Signore
(At 1,1-11; Ef 1,17-23; Mt 28,16-20)
Per quaranta giorni, dopo la sua resurrezione, il Signore Gesù è rimasto con i discepoli, mostrandosi a loro e parlando del Regno di Dio. Un lasso di tempo molto lungo, in cui ciascuno di loro lo ha visto più e più volte, scacciando l’idea che si tratti di un’allucinazione o di un momento di “isteria collettiva”, come tanti definiranno i miracoli nel corso della storia. Gesù ha parlato con i discepoli, si è fatto toccare dove rimangono i segni dei chiodi, ha mangiato con loro.
San Luca, negli Atti degli Apostoli, ci racconta che durante uno di questi pasti, il Maestro dà ai discepoli quello che sarà il suo ultimo ordine: non allontanarsi da Gerusalemme, non finché non sarà adempiuta la promessa del Padre, “quella che voi avete udito da me: […] tra non molti giorni sarete battezzati in Spirito Santo”. Non è un ordine cui obbedire a cuor leggero. I discepoli sono ancora ricercati, le autorità romane e i sommi sacerdoti li vogliono morti e non solo, ma giustiziati in maniera esemplare, in modo da chiudere la questione “Gesù di Nàzaret” una volta per tutte.
Gerusalemme in questo momento è il posto più pericoloso in cui si possano trovare. Oltretutto, nessuno tra loro ha ancora chiaro cosa voglia dire il Maestro con le parole “battezzàti in Spirito Santo”. Chiedono spiegazioni, qualcosa di più comprensibile, e concreto: “Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?” Alcuni tra loro sono ancora fermi a un’idea di Messia giunto, prima di tutto, per ristabilire il regno d’Israele e scacciare gli invasori romani. Ma il Maestro risponde: “Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra”. E, mentre dice loro queste parole, viene portato in alto, finché una nube non lo copre alla vista. Ai discepoli, fermi, stupefatti, con lo sguardo ancora all’insù, si manifestano allora due uomini, in bianche vesti, che li rassicurano: “Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”.
Non resta loro che tornare a Gerusalemme, sperando che avvenga ciò che il Maestro ha detto loro, anche se ancora non hanno ben capito cosa voglia dire. Avverrà. E allora finalmente capiranno che è l’amore il punto di incontro tra Dio e l’uomo, che tutta la storia della salvezza è la storia di Dio che cerca di riallacciare la relazione con l’uomo, dopo che questi l’ha distrutta.
Comprenderanno che tutta la storia di Gesù, con le sue parole memorabili, i suoi gesti di guarigione, la sua vicinanza agli ultimi, la sua auto-consegna sulla croce e la sua vittoria sulla morte è la concretizzazione dell’amore di Dio dentro la storia umana.
Quando lo Spirito Santo scenderà su di loro, li aiuterà a capire e troveranno il coraggio per fare la sola cosa che Gesù ha chiesto, a loro come a tutti i cristiani successivi, fino a noi: non conquistarci un regno, non combattere con armi il male, e non solo insegnare al mondo i comandamenti che il Figlio ci ha dato.
Ma testimoniare con parole e atti l’amore che Egli ha mostrato scendendo sulla terra, facendosi uomo e sacrificandosi per i peccati di tutti, replicare quell’amore e ricordare al mondo, in ogni momento, che Lui è esistito ed esiste ancora, perché Egli è con noi “tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
Pierantonio e Davide Furfori