Il giusto risplende come luce

Domenica 5 febbraio, quinta del tempo ordinario
(Is 58,7-10     Sal 111     1Cor 2,1-5      Mt 5,13-16)

05vangelo_gesùGesù, poco fa, ha detto che i suoi discepoli sono benedetti da Dio, a patto che si impegnino in determinati gesti. Non restano soli nel loro cammino: la presenza costante e promettente di Dio li accompagna, e concede loro i mezzi ogni volta necessari. La nona beatitudine aveva riguardato la sopportazione delle persecuzioni e delle percosse.
Ora c’è l’esortazione a rendere comunque testimonianza. Il Maestro chiama i discepoli “sale della terra”. Nella Bibbia si associano diverse funzioni al sale: Eliseo col sale purificò l’acqua sorgiva dalla sterilità e dall’amarezza che rendevano infruttuosa la terra, allo stesso scopo i sacerdoti lo spargevano sulla vittima offerta in sacrificio. Infine era, ed è, ritenuto simbolo di sapienza.
Oggi si tende a considerare il sale un condimento come gli altri, ma allora era vitale per conservare i cibi. Per questo veniva considerato simbolo di valori duraturi. Lo scopo dei discepoli è sì “insaporire” il mondo tramite la propria testimonianza, ma anche e soprattutto conservarlo, tramite la stessa. In questo passo ancora una volta emerge un lato spesso sottovalutato ed ignorato degli insegnamenti di Gesù: i Cristiani hanno il dovere di preservare il mondo, e l’umanità con esso, senza contrapposizioni.
Nessuna religione precedente, nemmeno l’Ebraismo, aveva mai posto la questione in questi termini. Nella maggior parte dei casi, il mondo era trattato con indifferenza, ed alcuni culti predicavano il disprezzo per esso e per la materia e la corporeità in generale.
E la Chiesa dei primi secoli combatté a lungo per impedire a queste correnti di pensiero di contaminare il messaggio evangelico. Gesù poi rivolge un ammonimento, attraverso vari paragoni: “Se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente […] Non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa.” I discepoli non possono essere tali e nasconderlo, perché proprio nella testimonianza al prossimo sta il cuore pulsante della sequela di Cristo.
Non ci si può considerare Cristiani e non farsi esempio per i fratelli, non insegnare quello che Gesù ha insegnato, non dimostrare ai fratelli in errore dove sbagliano, anche al costo di essere pedanti. Il Cristiano ha il dovere di testimoniare davanti a tutto il mondo che il Figlio si è incarnato, è morto ed è risorto, e ha salvato l’umanità.

Pierantonio e Davide Furfori