
Domenica 16 aprile – II Domenica di Pasqua – della Divina Misericordia
(At 2,42-47; 1Pt 1,3-9; Gv 20,19-31)

Otto giorni dopo Gesù appare appositamente per Tommaso, perché il gruppo dei Dodici deve essere compatto nel testimoniare la risurrezione. Su questo fatto essenziale non devono esserci dubbi all’interno del gruppo dei Dodici.
1. Tommaso, uno dei Dodici. Dopo la morte di Gesù, alla chetichella i discepoli erano tornati insieme e si erano riuniti con le donne, forse non per fede, ma piuttosto per farsi coraggio a vicenda. Per timore dei giudei erano barricati in casa, ma all’improvviso apparve Gesù e “stette in mezzo”, cioè non è apparso sulla porta o nella penombra o in alto come un fantasma, ma in mezzo ai discepoli, al centro. Non li rimprovera, non recrimina sul passato, non dice: “Mi avete abbandonato”, ma fa un augurio di pace e offre il dono dello Spirito per la remissione dei peccati.
2. Mio Signore e mio Dio! Tommaso non era con loro, e allora Gesù ritorna appositamente per lui, gli va incontro, lo invita a toccare con mano, lo ammonisce a non essere incredulo ma a diventare credente. Il testo non dice se realmente Tommaso ha toccato con mano il costato di Gesù, però il dubbio iniziale si cambia in una fervente professione di fede che indica un commovente coinvolgimento personale: “Mio Signore e mio Dio!”. Tommaso non solo riconosce il Signore, come gli altri discepoli, ma aggiunge anche: “Mio Dio!”. Dal dubbio passa a riconoscere in Gesù la divinità, la maestà, la potenza.
3. Beati quelli che non hanno visto. La fede non è un possesso stabile, ma una conquista oscillante alla quale ciascuno arriva per la sua strada. Nessuno può dire: Io ho la fede, tu no. Anche i santi più grandi hanno avuto le proprie esitazioni, come le abbiamo tutti quanti noi. Ci sono persone segnate da grande debolezza interiore che cercano sicurezze e compensazioni di ogni genere, fino ad aggrapparsi a devozioni, mode, tradizioni popolari, feste paesane, convinte che questo sia la vera fede. Queste persone sono circuite da altre di pochi scrupoli che abusano della loro fragilità spirituale e con arte diabolica arruolano i più deboli, offrono loro palliativi di fede, li fanno sentire forti, li isolano dal mondo facendoli ritenere i soli giusti che devono difendersi dai peccatori. Ci sono poi cristiani che vivono nel rimpianto della fede del passato, ritenendo che solo quella sia la vera fede. Hanno paura della novità e non aprono gli occhi sul presente, con scarsissima conoscenza storica spendono le proprie energie per risuscitare un passato idealizzato e non trovano la gioia di vivere con serenità la propria esistenza nel tempo presente. Sono incantati da abbagli di luminarie barocche, non dal mistero di Gesù. Ci sono infine tanti buoni cristiani che vivono cercando con umiltà la vera fede. Papa Francesco con una visione molto ampia tiene aperte a tutti le porte della casa del Padre, perché le pareti di quella casa sono più forti della morente Modernità
† Alberto