A tutti dirò: Pace

L’impegno di padre David Maria Turoldo, uomo di Dio e profeta di speranza

Tuorlo
David Maria Turoldo (1916 – 1992)

Una vita dedicata a cercare la sapienza e la ricchezza dell’esistere fu quella di padre David Maria Turoldo (Coderno in Friuli 1916 – Milano 1992), teologo filosofo e poeta, saggista della spiritualità, raffinato interprete traduttore di Salmi biblici, laureato all’Università Cattolica con una tesi “La fatica della ragione”, frate dei Servi di Santa Maria a Milano, Firenze e Udine con periodi di “esilio” all’estero. Incontrò ostacoli nella sua opera di rinnovamento culturale e religioso del cattolicesimo ma rimase sempre in fedeltà al Concilio.
Fu considerato una “coscienza inquieta della Chiesa”, come pure Ernesto Balducci, Lorenzo Milani, Giorgio La Pira, Oscar Romero, Nazzareno Fabbretti, Camillo De Piaz confratello e altri amici attivi a dare nuovi linguaggi e creazioni liturgiche, con diffusione anche sulla sua rivista “Servitium”. Padre Turoldo, uno dei dieci figli di una famiglia contadina friulana ne percepì la dignità e nobiltà. Aperto al dialogo, durante l’occupazione nazista a Milano, d’intesa col cardinal Shuster, diffuse clandestinamente “L’uomo”, un foglio di Resistenza antifascista che affermava la realizzazione della propria umanità essere il solo scopo della vita.
Senza preconcetti, Turoldo a Milano fondò “La casa di Emmaus”, centro di cultura e di ospitalità aperto ai laici. Fu sostenitore di Nomadelfia il villaggio fondato a Fossoli da don Zeno Saltini. Colpito da tumore al pancreas visse con sereno coraggio di uomo di Dio “ogni giorno come una nuova creazione”. Al suo funerale il cardinale Carlo Maria Martini, fondatore in affinità di sentire del “Cortile dei Gentili”, disse “La Chiesa riconosce la profezia troppo tardi”: garbata denuncia dei sempre presenti conservatori non illuminati Profeta della pace fu sempre padre Turoldo, creatore profondo di poesia, fu parola del futuro, pregò Dio di venire a purificare ”i sensi malati”, a dare la gioia di cantare “con libero cuore” fino ad essere esausto il bene supremo della pace fra gli uomini.

Lo dirò con un sorriso

Andrò in giro per le strade sorridendo,
finché gli altri diranno: – è pazzo!
E mi fermerò soprattutto
Coi bambini a giocare in periferia,
poi lascerò un fiore ad ogni finestra
e saluterò chiunque incontrerò per via,
stringendogli la mano.
E poi suonerò con le mie mani
Le campane della torre a più riprese
finché sarò esausto,
e dirò a tutti: PACE!
Ma lo dirò in silenzio
e solo con un sorriso,
ma tutti capiranno.

La poesia “Lo dirò con un sorriso” interpreta anche il grido dei nostri giorni oppressi ancora una volta dalla morte degli innocenti, dai mostri apocalittici di guerra, fame, morte, pandemie. Il sorriso della Pace il poeta lo dona a tutti, sempre e dovunque, luce concreta che sorge nel silenzio ma sentita come forza che parla a tutti nelle strade del mondo, fra i bambini in desolate periferie. Il sorriso di pace allunga la mano anche a chi non si conosce, è annunciato dal potente suono di campane.
Desiderio e speranza vogliamo coltivare con ostinazione contro il rumore delle armi che viene dalla vicina Ucraina in questa seconda Pasqua di guerra, sorriso contro morte in tante altre terre dimenticate, contro naufragi e tanta diffusa violenza. Non un discorso di cosiddette “anime belle” quello di Turoldo, ma verità terrena e spirituale nutrita dalla fede contro la pazzia umana. Certo l’uso del verbo al futuro rivela consapevolezza che la pace è anche speranza di raggiungerla.
Una sottile antitesi circola nel testo poetico così puntualizzata: sorriso contro il truce volto degli armati; in particolar modo amicizia e sorriso insieme ai bimbi contro stragi, orrori, violazioni e rapimenti da parte di gente infame; fiori contro macerie; saluti di concordia e stretta di mano contro indifferenza e silenzio che fanno rifiutare l’abbraccio e il saluto; gli allegri suoni di annunci di pace contro l’orribile rombo degli strumentini di morte dal cielo e dalle trincee in terra. Il sorriso è la verità del cuore, non ha bisogno di parole, neppure di quelle sincere, ma assolutamente no delle tante pronunciate nei “salotti” tra menzogne e insulti.

Maria Luisa Simoncelli