Gli ultimi giorni di  guerra nel diario di  don Emilio Cavalieri

Aprile 1945. Gli scontri, le bombe, la ritirata. Un cimitero tedesco a Saliceto. I partigiani fanno saltare il ponte. A Mignegno è massacro e distruzione. Il 27 è tutto finito: anche Pontremoli è libera

Militari alleati a borgo di una Jeep in piazza a Pontremoli nei primi giorni di maggio del 1945

Nell’aprile 1945, alla vigilia della Liberazione, don Emilio Cavalieri, parroco a Pieve di Saliceto, descrive nel Liber Chronicon i fatti che coinvolsero l’Alta Lunigiana e Pontremoli in particolare negli ultimi, durissimi giorni di guerra. Il suo è un osservatorio privilegiato: alle porte della città, in un territorio affacciato sui comuni limitrofi, luogo di transito di uomini e mezzi, dove le notizie sono comunque di prima mano.
“Man mano che l’avanzata degli alleati rendeva più precaria la condizione delle truppe tedesche in Lunigiana – scrive infatti – in questa regione si moltiplicavano i bombardamenti degli alleati, specialmente sulle postazioni tedesche lungo la ferrovia e la strada nazionale”. Azioni che colpirono anche il territorio di Saliceto dove, “il 1° Gennaio due bombe caddero sul monte S. Genesio, sbriciolando la roccia, sconquassando i tetti e spaventando gli abitanti presso il ponte e del Fiesolare, ma fortunatamente senza morti né feriti”.
Obiettivo era il ponte sul Magra all’Annunziata che tuttavia non fu colpito dai bombardamenti e che venne poi fatto saltare dai partigiani. Bombe che spaventarono i soldati tedeschi che formavano la guarnigione a guardia del ponte e che erano di stanza a casa Poletti, proprio all’imbocco ovest. Per timore di nuove incursioni aeree “per due giorni una dozzina di essi si rifugiarono nella cucina della casa canonica (gli altri ambienti erano occupati dagli sfollati) a scaldarsi; non toccarono nulla, ma partendosene vi lasciarono il sudiciume proprio dei bivacchi”. Don Emilio ricorda anche come da gennaio a marzo ripetuti bombardamenti colpirono le zone a ridosso del capoluogo: Verdeno, i Chiosi e Porta Parma, i luoghi attraversati dalla ferrovia, mentre altre bombe vennero sganciate su Mignegno, dirette al ponte. Il 1° aprile, domenica di Pasqua, un bombardamento si registrò a Scorcetoli. E oltre alle bombe degli alleati i tedeschi dovevano fronteggiare anche le azioni dei patrioti.

Villa Lorenzelli distrutta dal bombardamento del 19 aprile 1945

“Cresceva intanto l’attività dei partigiani – annota infatti il parroco – che scendevano spesso dalla costa di Arzelato spiavano i Tedeschi e i loro alleati italiani chiamati repubblichini: un tedesco rimase morto da una fucilata poco sopra il cimitero”. È in questo periodo, precisa, che venne organizzato un piccolo cimitero proprio nel territorio di Saliceto, poche decine di metri prima del ponte sulla Magra “davanti a casa Venuti”; qui “i Tedeschi cominciarono a seppellire i loro commilitoni morti in questi dintorni o per disgrazia o per azioni belliche; i primi lì sepolti furono una diecina di soldati austriaci rimasti vittima di un incidente ferroviario: avevano il loro cappellano cattolico che ne benedisse le salme; oggi ve ne riposano oltre venti, all’ombra della croce”.
Finalmente, dopo oltre sei mesi di stallo, il 5 aprile iniziò l’offensiva alleata contro la Linea Gotica; l’8 Montignoso fu il primo comune della nostra provincia ad essere liberato; il 10 toccò a Massa, l’11 a Carrara. Nei territori ancora occupati dai nazifascisti i partigiani ingaggiano scontri con il nemico e metteono in atto sabotaggi. “Il 21 aprile – spiega ancora don Emilio – dai partigiani fu rotto l’arco verso la Pieve del ponte sulla Magra alla SS. Annunziata, ciò che, insieme alla rottura del ponte di Villafranca, impedì alle colonne tedesche in ritirata di venir su anche sulla destra della Magra e salvò i campi della Pieve dalle devastazioni del passaggio”.
Come si nota in queste pagine don Cavalieri non usa mai la parola ‘fascisti’: “Il 22 [aprile] una mano di soldati tedeschi e di loro alleati italiani (i così detti “Mai Morti”) – scrive infatti – col pretesto che sul monte S. Genesio si erano visti dei partigiani, salirono lassù, spaventarono e derubarono una povera famiglia che vi abitava”. Sempre in quella zona “altri minacciarono gli abitanti e gli sfollati che erano al Bassone, poco sotto il monte S. Genesio, fecero sgombrare le case Lecchini e Filippini della gente e dei mobili, dicendo che volevano bruciarle; ciò che non fecero, contentandosi di arrestare quattro uomini, due dei quali furono rilasciati il giorno dopo; ma per la liberazione degli altri due, che avvenne tre giorni dopo, fu necessario l’intervento del Vescovo”, aiuto che venne invocato dallo stesso don Emilio Cavalieri che prese anche l’iniziativa di scrivere egli stesso al Comando Tedesco. Quelli sono ormai i giorni della ritirata tedesca.

Don Emilio Cavalieri (1884 – 1952)

“Il 23, 24 e 25 Aprile incessanti mitragliamenti su Verdeno e Pontremoli e bombardamento sul piano di Mignegno – annota don Emilio che transitava da quella zona negli spostamenti verso la sua Valdantena – la ritirata tedesca assume l’aspetto della disfatta”. Il parroco segnala come “gli Americani” stiano avanzando da Aulla verso Villafranca e Filattiera: “i tedeschi e i loro partigiani italiani – spiega – si preparano ad abbandonare Pontremoli e si incolonnano per la strada nazionale verso la Cisa; fanno saltare a Pontremoli il cosidetto ponte di ferro e quello in pietra a Porta Parma”. Don Cavalieri ci informa come il 26 aprile, “fu l’ultimo giorno della loro permanenza a Pontremoli”, quando già arrivavano i proiettili dai cannoni americani. Dalla cronaca del parroco traspare tutto il terrore della popolazione che vedeva sfilare migliaia di soldati nemici in ritirata e subiva le incursioni aeree alleate. “Saliceto – racconta infatti – si trovò sotto il tiro delle loro artiglierie: vi furono tre feriti leggeri e un morto, [un uomo] di Scorcetoli, qui sfollato, colpito da una fucilata (come si disse) mentre col fazzoletto faceva segno di festa alle prime truppe americane che avanzavano; e una giovinetta di 16 anni fu pure gravemente colpita da una fucilata dagli ultimi tedeschi che se ne andavano, avanti alla porta di casa sua. Essa dovette poi esser sottoposta per oltre un anno a una dolorosa e dispendiosa cura”. I
l parroco della Pieve non tralascia di ricordare il ben noto massacro messo in atto, con conseguente devastazione, lungo la strada statale della Cisa proprio nella zona di Mignegno il 26 aprile quando “gli ultimi drappelli tedeschi erano in marcia intorno a Mignegno (ove qualche giorno avanti i partigiani avevano fatto saltare l’arco del bel ponte sulla Magriola), quando furono assaliti da quattro apparecchi alleati che, dandosi il cambio, non lasciarono loro tregua per tutto il giorno: sorvolavano a bassa quota mitragliando”.
Qui il racconto si fa descrizione fotografica: “alla sera il tratto da S. Giorgio sopra l’ospedale all’oratorio di S. Terenziano appariva uno spettacolo raccapricciante: cadaveri straziati di soldati qua e là lungo la strada, che avevano invano cercato di ripararsi dietro gli alberi o le siepi o dietro i loro carri o nelle cunette stradali dell’acqua; carri incendiati e contorti, carogne insanguinate di magnifici cavalli o colpiti dall’alto o uccisi dai Tedeschi stessi”. Finalmente, il 27 aprile, arrivarono “i soldati americani: negri in gran parte, che stanziarono qualche giorno a Pontremoli e poi proseguirono pel nord; la città e le vallate, libere finalmente dal terrore tedesco, respirarono”.
Con la fine della guerra e la Liberazione, la gente tornò a pensare al futuro: “da Saliceto, uno dopo l’altro, nei mesi di Maggio e Giugno, partirono gli sfollati; la casa canonica era libera alla fine di maggio. Così pure i restanti mesi del 1945 tornarono quelli che erano sotto le armi o prigionieri, quasi tutti”. Alla Pieve, il 3 giugno, venne celebrata una festa solenne di ringraziamento “in onore della B.V. delle Grazie e di S. Petronilla, le cui statue furono portate in processione sino alla SS. Annunziata”; fu quella l’occasione per l’intervento della Banda musicale di Pontremoli che, come sottolinea don Cavalieri “si produsse la prima volta in una festa religiosa fuori di città dal principio della guerra”.

Paolo Bissoli