Dalla Lunigiana a Milano per il Campo invernale con i poveri

02campo1Il 2019 è giunto al termine e il suo finale è stato tutt’altro che banale per i quasi trenta ragazzi delle parrocchie di Malgrate, Scorcetoli e altre del vicariato che hanno partecipato al campo invernale a Milano dal 27 al 30 dicembre. Ospiti di una struttura scout a Melegnano, abbiamo compiuto un’avventura di servizio e riflessione volta a far crescere i rapporti tra noi e a consolidare la nostra fede.
Il verbo al centro delle quattro giornate è stato “SERVIRE”, una parola che abbiamo scoperto avere diverse accezioni: si può intendere come un essere utile all’altro perché, in un’ottica narcisistica, sembra che non possa fare a meno del nostro aiuto; potrebbe riferirsi a un servire perché costretti da qualcuno; ma potrebbe anche indicare la propria spontanea volontà di porgere una mano a chi ci è accanto.
Ed è stato probabilmente quest’ultimo significato a spingerci a prestare servizio all’“Opera Cardinal Ferrari”, che dal 1921 è la casa di chi non ha casa e offre accoglienza diurna e assistenza ai carissimi, come vengono chiamati i senzatetto e le persone in difficoltà. Qui possono trovare una famiglia che li aiuta a risollevarsi da una vita difficile: uomini che hanno perso tutto, ma non la dignità, che viene garantita loro anche con cose semplici, mai scontate: una doccia calda, un pranzo completo, abiti decorosi.
Divisi in tre gruppi, a turno, abbiamo offerto servizio alla mensa dell’Opera e visitato la città di Milano. L’attività di offrire servizio a una mensa viene portata avanti dal gruppo già da qualche anno, tuttavia ogni volta si rivela una occasione nuova e unica di vivere una esperienza di cura e attenzione verso l’altro, per ristabilire con lui un contatto profondo.
02campo2Abbiamo aperto lo sguardo su una realtà diversa, ma prossima alla nostra. Avvicinarci alle persone in difficoltà è stato emotivamente forte: ci siamo messi in ascolto, sedendoci accanto a loro e dedicando del tempo alle loro storie, così lunghe e così piene di vita, che non lasciavano trasparire altro se non un grande bisogno di dialogo.
Abbiamo toccato con mano quanto la povertà sia non solo indigenza fisica, ma più una assenza di rapporti umani fecondi e fraterni. Come sosteneva anche S. Teresa di Calcutta, “sappiamo bene che ciò che facciamo non è che una goccia nell’oceano, ma se questa goccia non ci fosse, all’oceano mancherebbe”.
Nei carissimi incontrati durante il servizio, abbiamo cercato di vedere oltre la povertà che esternavano, trovando nei loro volti Gesù che soffre e dice: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere…”, perché nessun uomo è troppo misero per non essere l’immagine di Dio.
Oltre a ciò, i quattro giorni sono stati occasione per girare Milano, resa ancora più bella dalle luci natalizie in ogni suo angolo, visitando alcuni tra i luoghi più importanti quali il Duomo, il Castello Sforzesco e la Chiesa di Sant’Ambrogio. Il rientro a casa è stato indubbiamente malinconico: tornare alla quotidianità dopo ogni campo non è semplice, soprattutto in seguito a esperienze di questo tipo che lasciano un segno che non può che essere un arricchimento da portare nella nostra vita di tutti i giorni.
Un nuovo anno è iniziato, chissà cosa avrà in serbo per noi il 2020: ci auguriamo solo di riuscire a far fruttare al meglio i semi lasciati dal passato.

(Costanza e Margherita)