Dall’Europa unita il contributo  al mantenimento della pace

Il 9 maggio diviso tra la Giornata dell’Ue e quella per la vittoria della Seconda guerra mondiale

Roberta Metsola con il cancelliere tedesco Olaf Scholz (foto SIR/Marco Calvarese)

Almeno tre erano i luoghi più significativi nei quali martedì 9 maggio si sono effettuate commemorazioni e “feste”; quattro, se vogliamo dare il giusto rilievo all’evento di carattere nazionale rappresentato dalla Giornata della memoria dedicata alle vittime del terrorismo, coincidente con la data del tragico ritrovamento in via Caetani del corpo di Aldo Moro, ucciso dalla BR.
Di fronte alla lapide che ricorda il tragico episodio, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha ricordato a tutti che “in Italia si è parlato molto dei terroristi e meno delle vittime, ma sono state queste persone, non i terroristi, a fare la storia d’Italia” e, con orgoglio, che lo Stato ha vinto la guerra contro il terrorismo “combattendo sempre sul terreno della legalità costituzionale, senza mai cedere alle sirene di chi proponeva soluzioni drastiche, da regime autoritario”.

Il presidente Mattarella al “Giorno della Memoria dedicato alle vittime del terrorismo”
(Foto Ufficio Comunicazione Presidenza della Repubblica)

Se su queste parole, almeno oggi, a distanza di 45 anni dall’uccisione di Moro, possono convergere i sentimenti di larghissima parte, se non di tutti, gli italiani, ben altra sorte tocca alle idee espresse nei discorsi pronunciati nelle tre occasioni sopra citate.
A Strasburgo dalla presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola e dal cancelliere tedesco Olaf Scholz; a Kiev dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, per la Giornata dell’Europa.
A Mosca da Vladimir Putin per l’anniversario della fine della Seconda guerra mondiale. Ricorrenze che dovrebbero andare di pari passo con la volontà di mai più ripetere certi errori e certi disastri del passato e che, invece, da due anni a questa parte, viaggiano su binari paralleli, se non contrapposti, a causa dell’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina.
A voler essere precisi, anche da parte dei leader occidentali sono più le parole dette che le iniziative messe in atto a favore della pace; resta tuttavia il fatto che le parti interpretate nella tragedia – aggressore e aggrediti – non possono essere messe in discussione.
Riusciranno i politici odierni a ripetere il miracolo che Schuman realizzò mettendo fine alla contesa sull’Alsazia e la Lorena?

Roberta Metsola ha presieduto l’assemblea plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo. (foto SIR/Marco Calvarese)

Come allora per quei territori, anche oggi la pace tra Russia e Ucraina (ma anche l’intero Occidente) sembra impossibile, ma è obbligo non disperare.
È proprio a Schuman e ai suoi colleghi che bisogna guardare per continuare a credere che “il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche”, così come, nelle aspettative dei fondatori, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca) doveva rappresentare “il primo nucleo concreto di una Federazione europea indispensabile al mantenimento della pace”.
Accettando, fino a prova contraria, come vere le parole, si può sottolineare quanto affermato dalla Metsola: l’Europa unita “non è perfetta… ma i pilastri fondamentali della speranza, della libertà, della democrazia e dello stato di diritto, rendono unico questo progetto politico”.
Da parte sua, la von der Leyen ha sottolineato che “l’Ucraina, l’Europa e gli Stati Uniti hanno commemorato ieri [8 maggio, ndr] la vittoria sulla tirannia. La Russia segna il 9 maggio con più missili e droni lanciati contro città ucraine e civili che dormono”.
Un ulteriore strappo nei confronti di Mosca è stato deciso da parte di Zelensky, che ha anticipato all’8 maggio la celebrazione della vittoria sul nazismo ed ha scelto di dedicare alla Festa dell’Europa il 9 maggio, spiegando che “oggi come ottanta anni fa l’Ucraina sta facendo affidamento sulle forze comuni dei popoli liberi e sa che al loro fianco può far parte dell’Europa libera”.
Nessun cedimento è stato mostrato da Putin, riguardo alla possibilità di percorsi che non facciano riferimento alla sconfitta dell’Ucraina e dell’ideologia occidentale.
Nel discorso tenuto sulla piazza Rossa, per l’ennesima volta il leader del Cremlino ha affermato che “la Russia come tutti vuole la pace”; ha lanciato accuse all’Occidente di voler “dettare le regole al mondo” e ha definito quello di Kiev un “regime criminale “.
“Una vera guerra è stata scatenata contro la nostra patria, ma garantiremo la nostra sicurezza”, ha aggiunto; il popolo ucraino “è diventato una merce di scambio dei “piani crudeli e mercenari” dell’Occidente”.
Evitando ancora una volta di nominare la parola ‘guerra’, si è detto orgoglioso “di chi partecipa all’operazione militare speciale”. L’ideale di pace che diede un senso gli accordi di più di 70 anni fa sembra in questo momento ancora lontano da raggiungere ma è proprio nei momenti bui che si deve avere il coraggio di cercare quell’esile luce che sempre ci attende alla fine di un tunnel per quanto lungo esso sia.

Antonio Ricci