Rifugiati: un modo per superare la vuota propaganda

Grazie ai corridoi umanitari, in Italia 58 siriani dal Libano e 15 profughi dalla Grecia

Sono 58 i rifugiati siriani arrivati dai campi profughi del Libano e 15 i richiedenti asilo iracheni, somali e congolesi provenienti dai campi della Grecia sbarcati giovedì 30 marzo a Fiumicino, grazie al protocollo tra Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e Tavola Valdese, in accordo con i Ministeri dell’Interno e degli Esteri.
Si deve a questo progetto dei corridoi umanitari se, da febbraio 2016 ad oggi, 6.091 persone hanno raggiunto l’Europa in sicurezza. L’Italia ne ha accolti 5.321, più della metà provenienti dai campi del Libano (in maggioranza siriani) ma anche da Etiopia, Grecia, Libia, Niger, Giordania, Afghanistan, Cipro. Le nazionalità più rappresentate sono Siria, Eritrea, Afghanistan, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Iraq, Yemen, Congo, Camerun, tutti Paesi dove sono in corso conflitti dimenticati. Tra gli altri Paesi europei solo la Francia (576), il Belgio (166) e Andorra (16) hanno seguito l’esempio italiano e aperto le porte a 770 persone.
I rifugiati e richiedenti asilo arrivati a Fiumicino alla fine del mese scorso sono ospitati presso comunità, parrocchie e famiglie che fanno capo alle Chiese protestanti (in Sicilia e Calabria) e nelle case della Comunità di Sant’Egidio. Tra loro ci sono 24 bambini.
Tante le storie drammatiche che li accompagnano. Cinzia e Serge, 28 e 38 anni, congolesi di Kinshasa, provenienti dalla Grecia, sono fuggiti da uno zio che li sfruttava come schiavi. Hanno risalito il fiume Congo in piroga fino al Congo Brazzaville, poi li hanno guidati verso la Turchia e la Grecia in gommone. Con loro hanno due bambini di pochi anni, nati nel famigerato campo di Moria, Lesbo. Serge cammina con la stampella, non parla e ha lo sguardo perso a causa di un ictus che lo ha colpito a Lesbo. Cinzia si è quindi ritrovata sola con due bambini piccoli e il marito bisognoso di cure: “è stata durissima”. Vivranno in un edificio della Comunità di Sant’Egidio: lì potranno imparare la lingua, mandare a scuola i bambini, assicurare cure mediche a Serge e trovare un lavoro. Molti rifugiati arrivati anni fa con i corridoi umanitari sono riusciti ad integrarsi con successo ed erano a Fiumicino per accogliere i parenti.
“Agli adulti dico di imparare subito l’italiano perché la lingua è il primo strumento di integrazione”, ha suggerito Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio al momento dell’accoglienza in aeroporto. Manuela Vinay, della Tavola Valdese, esorta tutti i Paesi a “sentire l’obbligo morale di definire politiche per far migrare le persone in sicurezza”. Marta Bernardini, della Federazione delle Chiese evangeliche (Fcei), ricordando la tragedia di Cutro, afferma che “a livello italiano ed europeo bisogna trovare altri modi per farli arrivare in sicurezza e non farli morire nel Mediterraneo”.
(P. C.)