Non scherziamo con  il fuoco… nucleare

Il weekend elettorale ha fatto passare per qualche giorno in secondo piano la guerra che la Russia ha scatenato in Ucraina, dopo che la stessa, la settimana scorsa, aveva riguadagnato le prime pagine a seguito del discorso pronunciato da Putin sullo stato della “operazione speciale”. Tre i punti di maggiore rilievo: la chiamata alle armi di 300mila riservisti, il referendum in quattro regioni ucraine per l’annessione alla Russia, la minaccia dell’uso di armi nucleari.
Sul primo si sono già innescate, in Russia, manifestazioni di protesta contro una decisione che ha colto tutti di sorpresa, unite alla fuga di tanti uomini verso i Paesi confinanti: una chiara forma di dissenso che la polizia sta cercando di soffocare con aggressioni e arresti di manifestanti.
A creare maggiori timori, però, sono glia altri due punti. Come è ormai risaputo, una volta che quei territori dovessero divenire russi a tutti gli effetti, ogni attacco nei loro confronti sarebbe un attacco diretto alla Russia, con quali conseguenze è, nello stesso tempo facile e difficile prevedere. Facile perché Putin si sentirebbe legittimato a rispondere come a una invasione, difficile perché nessuno è in grado di dire fino a quale livello di risposta l’autocrate russo potrebbe spingersi.
E qui entra in gioco il terzo elemento, di cui si discute fin dall’inizio della guerra: l’uso delle armi nucleari. Tra tutte le minacce che Putin poteva avanzare, quella dell’impiego di ami atomiche (sia pure dette “strategiche”, una definizione che fa il paio con quella delle bombe “intelligenti”) mette fine ad ogni discussione su torti e ragioni. Nel 2022, anche solo paventare tale eventualità pone in modo automatico l’autore della minaccia nel novero dei “banditi”, di chi non tiene conto delle conseguenze degli atti compiuti.
Può non piacere l’espressione “Stato canaglia”, ma la definizione che lo spiega è difficilmente contestabile: “Stato che si isola dalla comunità internazionale, opera secondo logiche proprie, non si confronta in diplomazia con gli altri membri della comunità”.
È proprio questo che Putin sta facendo da mesi e una esplicita minaccia nucleare non lo aiuta certo ad essere meglio compreso. Diventa, quindi, più che mai necessaria una seria riflessione sulla possibilità che una ripresa delle trattative di pace possa avere maggiori opportunità di riuscita rispetto a qualche mese fa. Una pace che ristabilisca lo stato di diritto ma eviti, nello stesso tempo, la distinzione tra vincitori e vinti e che possa avviare un futuro di reciproca fiducia tra le parti in causa.
Se è vero che molti, fin dall’inizio, invocavano qualcosa di simile, ora siamo giunti ad un punto della crisi che potrebbe permettere di “andare a vedere le carte” per capire chi gioca per il bene dell’umanità e chi, invece, gioca d’azzardo senza curarsene.

Antonio Ricci