
La parata di Mosca non libera Putin dalla vergogna di una invasione ingiustificabile

La parata del 9 maggio, con la quale la Russia celebra la vittoria del 1945 sul nazismo, si è conclusa, almeno in apparenza, con un nulla di fatto: Putin non ha dichiarato guerra all’Ucraina né, quindi, la mobilitazione generale, e non ha potuto celebrare la vittoria neppure per i territori dichiarati occupati. L’unica novità è stato l’annuncio della firma di un decreto per un “sostegno speciale” ai figli dei soldati feriti o uccisi in Ucraina. Alla parata ha partecipato anche il patriarca Kirill, ritratto in tribuna ufficiale accanto al vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitri Medvedev. Gli unici ambasciatori stranieri citati dall’agenzia Tass sono quello turco e pakistano, nessun accenno alla Cina. Né si parla di ex repubbliche sovietiche. Si è trattato evidentemente di una parata in tono minore. Come in tono minore è stato il breve discorso di Putin.

Non sono pochi gli interrogativi circa i destinatari del messaggio. Si propende a pensare che lo scopo di Putin fosse di tenere alto il morale del suo Paese, richiamando con forza le tematiche del pericolo di accerchiamento e delle grandi gesta del passato. Soprattutto ha provato a giustificare l’intervento in Ucraina. Non è un caso che questa giornata venga celebrata praticamente soltanto in Russia e in Ucraina, anche se con motivazioni molto diverse.
Il 9 maggio avrebbe potuto essere una data per accomunare tutti i Paesi del mondo in una grande festa per la celebrazione della vittoria sul nazismo e sul fascismo. Nell’immediato, però, in troppi Paesi le ferite erano talmente laceranti da spingere a ignorare l’evento. A suo tempo, l’unico che pensò di celebrare la vittoria, anche se con qualche ritardo, per attendere il ritorno in patria dei soldati reduci dal fronte europeo, fu Stalin. Poi più nulla, probabilmente perché era troppo fresco il ricordo del trattato di non aggressione firmato da Molotov e Rippentrop nel 1939. Solo con Breznhev la cerimonia viene ripresa e la vittoria sui nazisti diventa uno dei temi più usati dalla propaganda comunista, affiancando ad essa il ricordo degli oltre 27 milioni di morti russi.
Nel 2005, Putin decide di rilanciare il mito della “Grande guerra patriottica”, come egli chiama la seconda guerra mondiale. In questo contesto si pone il discorso di Putin con una strana visione della situazione attuale. “L’aggressione nelle nostre terre storiche della Crimea è stata una minaccia ai nostri confini, inammissibile per noi. Il pericolo è cresciuto ogni giorno, il nostro è stato un atto preventivo, una decisione necessaria e assolutamente giusta”.

“Erano in corso i preparativi per un’altra operazione punitiva nel Donbass, per un’invasione delle nostre terre storiche, compresa la Crimea”. In realtà, gli interventi di invasione erano stati proprio quelli di Putin, a cominciare dalla Cecenia per arrivare alla Crimea e al Dombass. È quindi interessante la giustificazione dell’intervento preventivo, così come inevitabile appare l’accusa di ingerenza della Nato e degli Stati Uniti.
Tutto questo si celebra in Russia mentre l’Ue celebra la Giornata per l’Europa. Le reazioni al discorso di Putin sono state per lo più indirette. Emanuel Macron, parlando a Strasburgo alla Conferenza sul futuro dell’Europa, ribadisce il sostegno a Kiev: “Affinché questa guerra possa concludersi abbiamo adottato sanzioni senza precedenti… La Ue non è in guerra contro la Russia, ma lavora per la preservazione dell’integrità dell’Ucraina, per la pace nel nostro continente”. “Sta solo all’Ucraina definire i termini dei negoziati con la Russia”. “Non dobbiamo cedere alla tentazione dei revanscismi. Domani avremo una pace da costruire” e “dovremo farlo con Ucraina e Russia attorno al tavolo. Ma questo non si farà né con l’esclusione reciproca né con l’umiliazione”.
Anche il presidente cinese Xi Jinping sembra prendere le distanze in un colloquio telefonico col cancelliere tedesco Olaf Scholz: “Dobbiamo compiere ogni sforzo per evitare l’intensificarsi e l’espansione del conflitto, che ci porterebbe a una situazione ingestibile”. “Le relazioni Cina-Ue non sono mirate contro qualcuno, non dipendono né sono controllate da terzi. Si tratta di consenso strategico a cui entrambe le parti dovrebbero aderire a lungo”. Intanto però non cessano i bombardamenti.
A Odessa vi è stato coinvolto anche il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, in visita per dimostrare la vicinanza dei Paesi dell’Ue. Durante un incontro con il primo ministro ucraino Denys Shmyhal, “i partecipanti hanno dovuto interrompere l’incontro per rifugiarsi mentre i missili colpivano di nuovo la regione”. Comunque la situazione sul campo sembra in stallo. La Giornata è passata senza ulteriori peggioramenti ed è già qualcosa. Tutto resta in mano a Putin, sperando che si decida ad ascoltare le sollecitazioni che arrivano da gran parte del mondo e a sedersi ad un tavolo per trattative vere. Al momento non ci sono segnali in tal senso, vista anche la sordità dimostrata nei confronti della proposta di Papa Francesco.
Giovanni Barbieri