Il dibattito sull’aborto infiamma gli Usa

Collaborare per offrire una protezione sociale alle madri e ai genitori

La Corte Suprema degli Stati Uniti d’America in carica dal 2020 (Ph: Fred Schilling, Collection of the Supreme Court of the United States / Wikipedia)

La scorsa settimana, il sito di notizie “Politico” ha diffuso una bozza di parere scritta dal giudice della Corte Suprema americana, Samuel Alito, sul ricorso relativo ad una causa in discussione nel Mississippi sul divieto di aborto legiferato da quello Stato. Nella bozza si afferma che la sentenza Roe v. Wade emanata nel 1973, rendendo l’aborto legale per quasi 50 anni, “era estremamente sbagliata fin dall’inizio”. Quella sentenza e la Casey del 1992, lungi dal portare a una soluzione nazionale, hanno infiammato il dibattito e approfondito la divisione. Alito sostiene, quindi, che entrambe devono essere annullate e che le politiche sull’aborto dovrebbero essere stabilite a livello statale. 

La fuga di notizie su un tema estremamente divisivo per gli Usa non solo ha scatenato un nuovo dibattito sull’aborto, ma ha significato la violazione del maggiore organo giudiziario del Paese, uno dei luoghi sacri dell’impianto democratico statunitense. Per il presidente della Corte, John Roberts, ciò comporta “una singolare ed eclatante violazione della fiducia tra personale e giudici ed è un affronto alla Corte e alla comunità dei dipendenti pubblici che in essa lavorano”.
Se la proposta dovesse essere approvata, la questione dell’aborto sarebbe consegnata agli Stati che già stanno legiferando in maniera autonoma al riguardo. Nel contempo, si aprirebbe il confronto su di una protezione sociale praticamente inesistente per le madri e per i genitori. “È scioccante e vergognoso leggere storie di madri negli Stati Uniti che partoriscono i loro bambini ed escono entro 48 ore per consegnare pizze o guidare Uber, solo per mantenere la possibilità di un pasto sulla tavola della loro famiglia”, denuncia “America”, il mensile dei Gesuiti, aggiungendo che tra il 2019 e il 2020 il tasso di mortalità materna negli Stati Uniti è aumentato di quasi il 20%, perché non è stabilita “una rete di protezione sociale”.
Charles Camosi, professore di teologia e etica sociale all’università cattolica di Fordham, mette in guardia dal rischio che tutto ciò possa spingere ad una riforma più emotiva che di garanzia costituzionale. Statistiche alla mano, afferma che i due fronti contrari (pro-life) e favorevoli (pro-choice) all’aborto potrebbero cooperare nel sostenere le donne nel desiderio di mantenere e proteggere i propri figli. “Sei americani su dieci concordano sul fatto che l’aborto dovrebbe essere ampiamente legale prima della dodicesima settimana. Circa 7 su 10 pensano che l’aborto dovrebbe essere ampiamente illegale dopo la dodicesima settimana”; perciò “c’è un terreno comune su cui lavorare, tenendo anche conto che ampie maggioranze, in tutto lo spettro politico, concordano sul fatto che dovremmo espandere la rete di sicurezza sociale per sostenere le donne che vogliono mantenere i propri figli”.        
(M.M. – Agensir)