I capitelli di San Caprasio: una storia di relazioni tra persone

Ferlendi e la sua “officina”, da Castell’Arquato ad Aulla una presenza né causale né estemporanea

Un capitello (sec. XII – XIII) dell’antica Abbazia di Aulla conservato nel Museo della stessa, opera dello scultore Oberto Ferlendi

Chi, ad Aulla, entra in San Caprasio si trova di fronte ad una chiesa a tre navate che, pur avendo mutato profondamente l’aspetto in oltre mille anni di trasformazioni, ha mantenuto l’originario impianto a tre navate conferitole tra la fine del X e l’inizio dell’XI. Ma, come è sottolineanoto nel nuovo libro “Archeologia in un’abbazia millenaria” curato da Riccardo Boggi ed Enrico Giannichedda, è nel museo attiguo che si possono apprezzare quelle testimonianze del XII e XIII secolo venute alla luce in venti anni di attenti scavi archeologici.
Si tratta, in modo particolare, di interessanti resti di architetture romaniche e capitelli, frutto della “monumentalizzazione di quello che era probabilmente un semplice cortile interno che divenne un chiostro riccamente decorato al cui abbellimento concorsero artigiani noti per produzioni di pregio in ambiti urbani”. Un semplice cortile interno che diventa chiostro “monumentale”, la cui prima citazione nota è in un documento nel 1219, del quale si possono comprendere le caratteristiche osservando le strutture recuperate liberandole dalle murature che le hanno nascoste per secoli e, soprattutto, i capitelli venuti alla luce nello stupore generale.
Sono queste pregevoli sculture, realizzate nella pietra arenaria, ad aver destato in questi anni l’ammirazione di un pubblico crescente per numero e curioso di scoprire una realtà diversa da quella nota di una realtà avvolta dallo sviluppo, non sempre ordinato, di una realtà urbana uscita distrutta dalla seconda guerra mondiale.
Il più noto tra gli scultori di quelle figure, che dopo otto secoli continuano a guardarci da un passato lontano, è certo quell’Oberto Ferlendi “importante magister piacentino attivo nella prima metà del Duecento”, nato a Castell’Arquato, intorno al 1180, autore anche di un capitello simile conservato a Parma nella Galleria Nazionale che riporta anche la data: 1226. Ad “Oberto Ferlendi a San Caprasio di Aulla” all’interno del volume è dedicata una scheda che Riccardo Boggi ha condiviso con Mariapia Branchi e Gianluca Bottazzi.
A quel primo “capitello binato con draghetti intrecciati” ormai ben noto al pubblico si era aggiunto nel 2020 un altro capitello binato con “foglie nervate ed arricciate” anch’esso ricondotto alla mano di Oberto Ferlendi – o comunque della sua “officina” nella quale erano impegnati anche due fratelli e alcuni collaboratori – per il quale è stata ipotizzata una presenza ad Aulla non estemporanea legata al transito lungo la via Francigena, bensì legata alle richieste di una committenza che, in una fase di sviluppo del complesso abbaziale, era impegnata nella trasformazione o nel rinnovo del chiostro. “La presenza ad Aulla di Oberto e dei suoi fratelli” dovette essere dispendiosa per gli abati di Aulla come dimostrerebbe il fatto che il loro arrivo avvenne solo con “l’avvio dei lavori al chiostro nel 1224” dopo l’avvenuta vendita al comune di Piacenza da parte dell’abate Venanzio degli antichi possedimenti che l’abbazia aveva in Val di Taro.
Così gli autori del saggio sottolineano come “per Aulla, proprio grazie allo scavo archeologico, si può parlare non solo di pietre, mattoni e ceramiche ma anche, in modo ben documentato, di storie di persone e famiglie”, storie locali di Castell’Arquato e di Aulla “che rivelano anche relazioni a non breve distanza”.
Per chi volesse approfondire la conoscenza dell’abbazia di San Caprasio e ammirare i reperti venuti alla luce, il Museo nei locali adiacenti la chiesa è aperto tutti i giorni dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18. Per info e prenotazioni si può telefonare al n. 0187.420148 o scrivere a: sancaprasio.aulla@gmail.com (p. biss.)