Fascismo e  antifascismo delle origini

Si è tenuto nei giorni scorsi a Lerici un interessante convegno in occasione dei cento anni dai Fatti della Serra del 15 febbraio 1922

 

La lapide collocata nel 1945 alla Serra di Lerici a ricordo di Gabriele Paita

Aveva 25 anni Gabriele Paita quando venne ucciso alla Serra di Lerici in uno scontro con i fascisti impegnati in una spedizione contro i marittimi lericini, il 15 febbraio 2022. Dopo i fatti del 1921 con gli scontri di giugno a Portovenere, di luglio a Sarzana tra gli squadristi e gli arditi del popolo e, ancora prima, dell’assalto alla sede dei ferrovieri di Pontremoli e del Circolo Operaio della SS. Annunziata, l’anno della marcia su Roma si apriva dunque con l’ennesimo episodio di violenza, ancora nello spezzino, ancora contro un’associazione troppo indipendente per essere “sopportata” nel nuovo ordine nazionale che si stava concretizzando.
Dopo l’abbandono di Luni, insabbiato dalle acque della Magra, era stata la baia di Lerici a raccogliere l’eredità del porto etrusco-romano affermandosi come nuovo approdo del mar Ligure di levante. Nei secoli il piccolo borgo marinaro divenne uno dei più importanti scali marittimi del Mediterraneo e tra Otto e Novecento contava decine e decine di bastimenti, compresi molti oceanici, e capitani che potevano vantare di aver doppiato più volte Capo Horn.
Qui, nel 1852, era stata fondata la Società Marittima di Mutuo Soccorso, ispirata ai valori risorgimentali e che aveva fatto dei principi repubblicani la guida della propria attività, tanto da far esporre su molte navi la bandiera italiana con lo stemma sabaudo rovesciato! Un’indipendenza un po’ troppo marcata negli anni dell’avvento del fascismo, che nella seconda parte del 1921 era ormai un movimento nazionale organizzato e, soprattutto armato. A febbraio 1922 la spedizione punitiva: i fascisti spezzini muovono verso Lerici per “prelevare” i lericini più “rossi” e le teste più calde; i soci della “Marittima” sono male armati ma decisi a difendersi. Lo scontro è alla Serra, nella collina che domina il borgo marinaro: a terra morto, oltre all’ardito del popolo Gabriele Paita, resta anche il fascista Alberto Landini.
A cento anni da quei fatti si è tenuto nei giorni scorsi a Lerici l’interessante convegno di studi “Fascismo e antifascismo delle origini”, promosso dall’Anpi comunale di Lerici e da quello provinciale della Spezia, da “Archivi della Resistenza”, Museo Audiovisivo della Resistenza, Istituti Storici della Resistenza Spezzina e Apuana e con il patrocinio del Comune di Lerici.
La giornata di studio si è aperta con l’apprezzata introduzione storica del prof. Angelo D’Orsi (Università di Torino): “Il 1922 è stato l’anno più nero” ha sottolineato, la conclusione di quel ‘biennio nero’ che aveva visto tra i primi episodi l’assalto fascista del 21 novembre 1920 contro Palazzo D’Accursio, sede del Comune di Bologna, nel giorno dell’insediamento della nuova giunta comunale.
Da quel momento fu una crescita esponenziale della violenza: “i fascisti erano una minoranza, ma molto organizzati e, soprattutto, armati” ha spiegato D’Orsi, guidati da ufficiali e sottufficiali smobilitati dopo la Prima Guerra Mondiale e ai quali “mancava l’ebbrezza del comando”. E poi c’era l’indifferenza e, spesso, la connivenza delle autorità. Non una guerra civile “bensì un assalto sistematico di un partito militare organizzato”, impegnato a intimidire, picchiare e uccidere gli oppositori e a bruciare i loro simboli e le loro risorse anche culturali a cominciare dalle biblioteche organizzate nelle Case del Popolo.
Una escalation di violenza che sarebbe culminata, nell’ottobre 1922, nella marcia su Roma, “la prova – ha concluso D’Orsi – che i fascisti furono un esercito di occupazione, anche se fu un episodio che ebbe nulla di epico né di eroico, ma fu solo grottesco e violento” che il re e il governo avrebbero potuto facilmente fermare. Invece preferirono “benedirla” assistendo, pochi giorni dopo, alla sfilata dei fascisti sotto il balcone del Quirinale. Il resto è storia, a cominciare dal discorso di Mussolini del 16 novembre 1922 nella seduta d’insediamento del “suo” governo caratterizzata dalla ben nota frase “potevo fare di questa aula sorda e grigia un bivacco di manipoli…”.
Chiaro il messaggio inviato ai tanti partecipanti al convegno di Lerici dal prof. D’Orsi: “Raccontiamo le storie del passato pensando al nostro presente, per essere preparati; perché il fascismo non è mai andato via, è qui presente tra noi”. La registrazione dei lavori è disponibile sul canale youtube dell’Associazione “Archivi della Resistenza” alla voce “Fascismo e antifascismo delle origini”.

(Paolo Bissoli)