L’Italia ha tirato un grosso sospiro di sollievo, accompagnato da gratitudine e riconoscenza nei confronti di Mattarella che è tornato sui suoi passi ed ha accettato il rinnovo del mandato a presidente della Repubblica. Nella scarna dichiarazione al momento della comunicazione dell’elezione sta tutta la dignità e la responsabilità dell’uomo, ma non sfugge il richiamo “alle condizioni che impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati, che devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti”.
Sembrano cose ovvie: Mattarella si assume le sue responsabilità: avrebbe avuto tutto il diritto di godersi la pensione ma è uomo di Stato a servizio delle istituzioni. Il contrasto con lo spettacolo offerto dalla politica nel momento di massima responsabilità istituzionale è evidente.
La scadenza del mandato a Mattarella era nota. Sembrava invece che l’appuntamento fosse arrivato all’improvviso. La classe politica si è trovata del tutto impreparata, come chi va all’avventura sperando che finisca bene. Così prima Berlusconi tiene in scacco i partiti con la sua autocandidatura. Poi Salvini prende in mano il timone (e tutti glielo lasciano fare) promuovendosi, in quanto maggioranza relativa, a grande stratega per la nomina del nuovo capo dello Stato.
Non c’era nessun piano B e nessuna ricerca di concordanza col campo avverso. Col senno di poi è stata cosa buona che Berlusconi, criticato da tutti, abbia receduto dal suo proposito soltanto alla vigilia dell’apertura dei seggi. Se in pochi giorni si sono bruciati 13 personaggi di indubbio valore, quanti se ne sarebbero bruciati se ci fosse stato più tempo?
La smania di protagonismo e la febbre di chi vuol essere il primo a trovare la soluzione per intestarsi un possibile risultato hanno finito per portare al fallimento questo tipo di politica e a dare la misura della distanza tra questi personaggi e il mondo reale.
Neppure di fronte alla pandemia, alla crisi energetica, ai problemi sociali che ancora attanagliano l’Italia si sente la responsabilità di fare un passo indietro e di mettersi veramente al servizio del Paese con atteggiamenti di ascolto e di dialogo.
Anche gli “strateghi immaginari” alla Salvini e Conte, dopo la pessima figura con la Casellati, mandata allo sbaraglio, e con la Belloni, hanno dovuto inchinarsi alla volontà dei “peones” che, di votazione in votazione, hanno dato voce alle attese del Paese reale mettendo nell’urna il nome di Mattarella. Alla fine tutti vissero felici e contenti?
La gran parte del popolo italiano sì, avendo sempre dimostrato il suo affetto e la sua stima per Mattarella e sentendosi più protetto col binomio Mattarella-Draghi. Meno i segretari dei partiti, che si trovano ora ad affrontare le conseguenze di una settimana che ha dimostrato tutta la loro piccolezza.
Giovanni Barbieri