
Domenica 15 novembre – XXXIII del Tempo Ordinario
(Pr 31,10-13.19-20.30-31; 1Ts 5,1-6; Mt 25,14-30)
Tutti abbiamo almeno un talento tra le nostre mani. è vero, a volte sentiamo Dio assente, come fosse partito per un viaggio che ci sembra troppo lungo, ma noi abbiamo almeno un talento tra le nostre mani. E spesso ce ne dimentichiamo. Lui è partito ma sul palmo della nostra vita rimane, cerchio luminoso e perfetto, una promessa a forma di moneta: questo è talento. Talento non sono le nostre capacità, talento non è la nostra bravura, talento è il realissimo simbolo di una promessa, la traccia che porta al tesoro (ti darò potere su molto, prendi parte alla gioia del tuo padrone). Talento è la promessa di ciò che sarà, del mio sguardo negli occhi del mio Dio, di quel momento in cui scoprirò davvero cosa significa “gioia”.
Apriamo le nostre mani, e guardiamolo il talento. Guardiamo ben dentro i confini di quel cerchio e riusciremo a vedere tutte le persone che ci hanno testimoniato quella promessa. Guardiamo, guardiamo bene e troviamo nel simbolo realissimo del talento i volti di persone che, amandoci, ci hanno parlato di Dio. Guardiamo il talento e ascoltiamolo: ci parlerà di quegli incontri particolari, di quando abbiamo sentito Dio così vicino da tremare di gioia, ascoltiamo il talento narrare di quelle esperienze che ci permettono di sperare, di lottare, di dare la vita. Il talento è il segno che il tesoro c’è, che il tesoro esiste. Guardare la nostra mano e scoprire che tra le mani abbiamo la promessa visibile che la vita non è una tragica commedia ma un cammino, un viaggio verso una promessa. E il talento si moltiplicherà tra le nostre mani, il talento che ci è stato consegnato non è altro che la vita fatta di mille eventi, di mille possibilità, di mille decisioni… che possono parlarmi di Dio. Che possono portarmi a Lui. Che possono farmi vivere un anticipo di tesoro qui ed ora. Il talento è la mia vita trasfigurata: amante fedele delle cose della terra perché è nella terra che trovo la traccia per raggiungere la Gioia eterna, l’Infinito, l’amore senza ombre: Dio.
Sguardo di fede è guardare la vita come un segno, segno della Sua presenza. Vita di fede non è una vita diversa da tutte le altre vite ma un’esistenza segnata, negli eventi che la compongono, da un costante riferimento al Signore della mia Gioia. Tutto ciò che mi succede può essere letto come un caso oppure come un segno, come un miracolo. Allora mi accorgo che il talento non solo ha il potere simbolico di rimandarmi a quel che sarà ma, proprio perché rimanda alla Gioia piena, cambia radicalmente il mio sguardo qui ed ora. Fede è uno sguardo nuovo. Fede è guardare il talento che è la mia vita e ringraziare per tutte le persone che si sono consegnate alla mia libertà parlandomi di Dio. Indicandomi con parole, silenzi o gesti, che esiste una strada per farmi incontrare da Lui.
don Alessandro Deho’