Paesi di Lunigiana: Rocca Sigillina

Nell’alta valle del Caprio, da prima del Mille, una fortezza controllava la via Lombarda. Contesa tra Parma, Pontremoli e i Malaspina, ne restano poche tracce in una posizione unica.

Panorama di Rocca Sigillina
Panorama di Rocca Sigillina

Nell’alta valle del Caprio, dove il torrente riceve le acque del Cuccarello, Rocca Sigillina si aggrappa al crinale del contrafforte che scende ripido dall’Appennino. Sembra di poter toccare il Marmagna, il Braiola e l’Aquila, incombenti su questo paese un tempo strategico e dal quale si apre un ampio panorama fino al Magra e poi oltre, alle colline tra la Toscana e la Liguria.

Rocca Sigillina in una mappa del 1633 con la grande torre che domina l’abitato
Rocca Sigillina in una mappa del 1633 con la grande torre che domina l’abitato

Qui, ben prima del Mille, venne eretta una massiccia torre di avvistamento e controllo lungo la “strada Lombarda”, una delle più importanti del tempo, che dal fondovalle risaliva fino al passo del Cirone e da qui raggiungeva i centri della Pianura Padana.
Oggi di quella “rocca” medievale restano solo poche tracce, di recente recuperate e visitabili grazie ad un’ardita scala in ferro che conduce allo spazio in alto, all’estremità nord del paese, di fronte alla facciata di quella chiesa parrocchiale che si scorge da chilometri di distanza. Ruderi di una fortificazione ambita e contesa su quello che, nel Medioevo, era il confine meridionale del libero comune di Pontremoli. E dove l’antica “Rocca Valsazzulina” era un presidio strategico. Chi la possedeva poteva controllare i transiti da e per l’Appennino sulla sponda sinistra del Magra, evitando il problematico transito per Pontremoli.

I resti della torre portati alla luce dagli scavi archeologici
I resti della torre portati alla luce dagli scavi archeologici

Con il successivo mutare dei tracciati più in basso, verso il fondovalle, la Rocca perse importanza anche se nel XVIII secolo è ancora ben munita come sembra potersi dedurre dalla mappa del 1633 che ne mostra la mole massiccia svettante sul borgo che si stende alla base.
24Rocca2Lo storico Manfredo Giuliani la ipotizza come “rocca inespugnabile, sulla erta vetta della contigua costa, un piccolo borgo circondato da forti mura, che la fece capace di una valida guarnigione, di essere sede di comando e capoluogo territoriale”. E sottolinea come si protrasse per più di tre secoli una lunga “ostinata e sanguinosa battaglia per la conquista della Rocca nella valle Sazulina”.

Come Grondola lungo la via del Borgallo-Brattello, anche la “Valsazulina” fu possedimento di Parma in Lunigiana: dal 1231 ne mantenne il controllo per quasi un secolo, respingendo tutti i tentativi dei Malaspina di impradronirsene per avere il controllo di una strada da e per il nord su questo versante della valle così come lo avevano su quello occidentale.

L’oratorio di San Rocco
L’oratorio di San Rocco

Alla metà del XVI secolo il granduca di Toscana, Cosimo I, dal quale ora la Rocca dipendeva, mise in atto importanti lavori per riattivare la “via Lombarda” così da evitare il transito per Pontremoli all’epoca dominio spagnolo.

Vittorio Zani, “San Giorgio e il drago” (1978). Chiesa parrocchiale
Vittorio Zani, “San Giorgio e il drago” (1978). Chiesa parrocchiale

Oggi, crollata la grande torre, sono la torre campanaria e il profilo della chiesa il segno distintivo del paese; intitolata a San Giorgio, l’attuale parrocchiale è l’erede di quella cappella di “Roccha Valsecolina” o “Valsazolina” ricordata nelle decime del XIII secolo come dipendente dalla Pieve di Sorano ma che fu probabilmente eretta ben prima dell’anno Mille.

Nel bosco poco fuori dell’abitato, lungo la via che sale fino a Logarghena – moderno tracciato che ricalca in parte la viabilità antica – sorge l’oratorio della Madonna della Villa. Datato al XVII secolo, il Giuliani ipotizza possa essere stato costruito utilizzando le pietre di una chiesa ben precedente, edificata sul luogo dove, da tempo immemorabile, si teneva ogni anno una sagra in piena estate e in occasione della quale qui si ritrovavano non solo popolazioni locali e dei paesi vicini, ma anche quelle provenienti numerose dalle vallate del versante parmense che utilizzavano l’antica strada che univa la valle del Caprio con quella del torrente Parma, segno di una unità territoriale nella quale la montagna non divideva ma univa.

(Paolo Bissoli)