Domenica 19 gennaio, II del Tempo Ordinario
(Is 49,3.5-6; 1Cor 1,1-3; Gv 1,29-34)
Giovanni alza gli occhi e gli occhi si riempiono di Gesù. Che gli cammina incontro. Che gli cammina dentro. Lo sguardo. Giovanni alza gli occhi e quello che vede è un Dio che cammina dentro quelle strade da lui preparate con tanta pazienza.
Aveva aperto spazi, Giovanni, aveva fatto spazio, aveva essenzializzato, lavato via, portato fuori, aveva fatto deserto anche dentro di sé, come per paura di non riconoscerlo, come se tutto il suo agire fosse stato dettato dall’urgenza di creare le condizioni perché dal nulla il Messia potesse emergere. Come per non confondere Gesù tra le tante altre cose che fanno la complessa varietà della vita.
Oggi il suo deserto è tappeto di sabbia regale, è il divino vuoto riempito da Dio, è silenzio colmato dalla Parola. è spazio buono perché la voce commovente di Giovanni possa dire “Tu sei colui che mi cammina incontro”.
Un Dio che viene incontro possa essere anche il nostro Dio. Un Dio che si manifesta camminandoci nello sguardo attraverso gli eventi e gli incontri e le cose che succedono e si succedono, attraverso e dentro le cose della vita, quelle che accadono, quelle che ci stupiscono, anche quelle che rischiano di schiacciarci. Riuscire a vedere Dio con gli occhi del Battista è saper vivere la fede. è avere fede nella vita, questa vita che chiede di essere manifestazione di Dio, questa vita che imparo solo se educo i miei occhi a uno sguardo capace di cercare Dio e di riconoscerlo.
Perché la fede abita lo sguardo. Abita la capacità di riconoscere la prossimità di Dio anche dentro gli eventi più improbabili.
Fede è scorgere la possibilità di poter fare esperienza di Dio dentro ogni istante del tempo. Fede è vivere la vita che ci viene incontro, è bere il flusso degli eventi, è riconoscere l’avvicinarsi di Dio. Fede è affrontare ogni istante della giornata con occhi assetati di Dio.
Ecco l’agnello di Dio. Perché solo se impariamo la mitezza e il cammino leggero potremo fare esperienza di Te. Tu sei mitezza per convertirci alla dolcezza.
Faremo esperienza di te Signore solo quando impareremo l’arte di entrare nella vita dei nostri fratelli con la dolcezza degli agnelli. Imparare la leggerezza, imparare da parole sommesse e da gesti cauti, imparare la sacralità, entrare nello spazio intimo che il fratello mi concede come si dovrebbe entrare in chiesa: inginocchiandosi e ascoltando e facendo poco rumore. Come un agnello mansueto. Agnello del sacrificio. Perché è anche questo l’agnello. è l’animale che si sacrifica.
Non c’è fede senza disponibilità al sacrificio. E sacrificare è riconoscere ciò che conta davvero nella vita. Sacrificare, rendere sacro, è amare, perché solo l’Amore è Sacro. Gesù è agnello che toglierà il peccato dal mondo. E peccato vero, peccato radicale, peccato mortale è credere di poter vivere senza amore.
don Alessandro Deho’