Polonia. Ottanta anni fa si accese l’incendio del secondo conflitto mondiale
L’1 settembre 1939 iniziava la più terribile catastrofe della storia umana: dopo l’abisso economico del 1929, si era creato un intrigo di fenomeni che porta alla II guerra mondiale, che durerà fino al 7 maggio 1945 (e per il Giappone fino al 2 settembre), immolerà oltre 50 milioni di persone, in larga parte civili, e farà delle città cumuli di macerie. Farne memoria dopo ottanta anni è fondamentale, però diventa un’operazione sterile se non genera una riflessione forte che incida sulla coscienza di ogni persona e la renda consapevole che le guerre sono assoluta e inutile barbarie, la più grave perdita umana.
Per gli storici la capacità di spiegazione degli eventi di quella guerra è davvero limitata perché sono successe cose che non si possono analizzare razionalmente. La Germania, una delle nazioni più progredite sul piano culturale ed economico, si fece guidare da un capo che faceva discorsi apocalittici di dittatore del mondo, esaltava una ideologia razzista e nazionalistica profondamente ripugnante, ordinò atrocità culminate nello sterminio scientifico di milioni di persone “colpevoli” di essere ebrei, zingari, omosessuali, oppositori politici, disabili, matti, in dimensioni che sfidano ogni immaginazione. Il contesto storico globale era di grande complessità, la prolungata grave crisi economica favorì la diffusione in molti paesi di movimenti pieni di rabbia e di sentimenti di frustrazione contro una società che privava, soprattutto il ceto medio, della conquistata posizione sociale e di dinamismo e di ascesa.
Le tante spartizioni della Polonia
La Polonia, senza barriere fisiche come confine naturale, conosce nella sua storia ripetuti smembramenti da parte di prussiani, russi e ucraini, austriaci. Dissolta anche dai mongoli nel 1241, riuscì a ricostruire una certa unità, che durò fino al Settecento. Si espanse sul mar Baltico, il re Casimiro III nel Trecento si distinse nella difesa dei contadini e degli ebrei, a Cracovia sorse la prima Università. Si integrarono tre nazioni cristianizzate, polacca, lituana e rutena, impegnate a contrastare i Cavalieri Teutonici e l’espansione ottomana.
Nel 1683 l’intervento di Giovanni III Sobieski re elettivo della Polonia fu determinante nel salvare Vienna dai Turchi. Ma la monarchia non dinastica ma elettiva della Polonia era ormai logorata dalle lotte e dall’anarchia della nobiltà e ne approfittarono i vicini Stati di Prussia, Russia e Austria (dimentica dell’aiuto polacco a salvarla dalla conquista turca) prima nell’imporre il re tedesco Augusto II di Sassonia, poi per spartirsela fra di loro in tre operazioni del 1772, 1793, 1795.
La Polonia non esisteva più, era fallita l’animosa rivoluzione tentata dai polacchi dopo la seconda spartizione. Superstite rimaneva solo la libera repubblica di Cracovia, ma nel 1846 fu annessa all’Austria. Per tutto l’Ottocento la ”questione polacca”consiste nel ritrovare il Risorgimento della patria indipendente, che arriva solo nel 1919 con le deliberazioni della conferenza che pone fine alla Grande Guerra.
La repubblica indipendente dura poco, l’1 settembre 1939 l’invasione tedesca annienta l’eroica resistenza dell’esercito e occupa larga parte del territorio con i sovietici che stanno a guardare: è l’occasione che fa scoppiare la guerra. Risorge ancora nel 1945, ma come repubblica a sovranità limitata a regime comunista imposto da Mosca fino agli eventi determinati dal crollo del blocco comunista del 1989. Liberata dal sistema sovietico, non trova stabilità politica.
Si capisce, date le vicende del passato, la forza positiva del sentimento di nazione dei polacchi, tenuto insieme anche dall’identità cattolica, ma oggi è degenerato nel nazionalismo e sovranismo di governi di destra scettici verso l’Unione europea di cui con vantaggi fanno parte. (m.l.s.)
Sono fenomeni preoccupanti con analoghe situazioni riscontrabili anche nel nostro presente. Ricordare quel che è stato per non ripeterlo è il realistico monito di Primo Levi. Allora abili strateghi della consorteria nazista e fascista diffusero paura, costruirono odio contro il diverso che “inquina la pura razza ariana” e il bersaglio più consolidato erano gli ebrei resi simbolo, da una parte, dell’odiato capitalismo finanziario e, dall’altra, del ribellismo rivoluzionario, senza dimenticare che per molti cristiani gli ebrei erano stati gli assassini di Gesù.
Per la cronaca la guerra comincia alle 4,45 dell’1 settembre con la violazione da parte tedesca della frontiera polacca, viene distrutta Danzica, città sul Baltico allo sbocco del corridoio polacco che separava la Prussia orientale dal resto della Germania. Hitler appena arrivato al potere aveva voluto vendetta contro il severo trattamento imposto dai vincitori della I guerra mondiale, soprattutto i francesi. Fa politica di potenza (la Germania sopra tutti!) e di riarmo violando i trattati, prende la Renania, fa alleanza con l’Italia fascista. Col pretesto di unificare tutti i tedeschi annette Austria e Cecoslovacchia senza che le potenze democratiche protestassero.
Il 23 agosto 1939, subito prima dell’invasione della Polonia, fa patto di non aggressione con Stalin, firmato dai ministri degli Esteri Ribentrop e Molotov; le due potenze, opposte per ideologia e istituzioni e già contrapposte nell’intervento nella guerra civile spagnola, si accordano però per la spartizione della Polonia; la parte pretesa dai tedeschi in meno di un mese fu occupata e sottoposta a regime brutale, gli ebrei chiusi nel ghetto e Stalin prende l’altra parte.
Era un accordo in mala fede, Hitler lo violerà invadendo nel 1941 l’URSS per garantirsi lo “spazio vitale”, Stalin mirava a spingere l’impulso espansionista nazista verso Ovest, con invio anche di aiuti, per avere tempo di rafforzare l’Armata Rossa indebolita dalle purghe con cui aveva eliminato molti ufficiali. Hitler alla conferenza di Monaco del 1938 si era fatta l’idea che né Francia né Regno Unito sarebbero “morti per Danzica”; invece il 3 settembre dichiarano guerra alla Germania.
I tedeschi occupano rapidamente Danimarca, Olanda, Belgio, Francia, Norvegia, portano guerra in terre balcaniche, mediorientali, nordafricane. Mussolini, con l’Italia impreparata, si inventa la “non belligeranza”, ma per avere un posto al tavolo dei vincitori il 10 giugno 1940 entrerà in guerra nell’illusione di fare una “guerra parallela” alle armate tedesche breve e vittoriosa. Invece fu lunga e persa.
Maria Luisa Simoncelli