Il Signore Gesù regna, si riveste di splendore

Domenica 25 novembre, XXXIV del Tempo Ordinario. Cristo Re dell’Universo
(Dn 7,13-14; Ap 1,5-8; Gv 18,33-37)

44vangeloPilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: ‘Sei tu il re dei Giudei?’. I capi del popolo hanno consegnato Gesù al procuratore romano. Vogliono che lo condanni a morte come ribelle e malfattore. Pilato è combattuto, non vorrebbe avere a che fare con Lui. Lo interroga e gli chiede: “Sei tu il Re dei giudei?”. Ovvero: “Puoi rivendicare un reale diritto a regnare su questo popolo?”.
Questo gli interessa, perché, se è vero, il potere romano può sfruttarlo a proprio vantaggio. Gesù non dà una risposta diretta, replica con un’altra domanda: “Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?”. “Tu, che non sei ebreo, mi fai questa domanda per una tua ricerca interiore, o semplicemente perché sei sobillato dai miei accusatori?”. “Pilato disse: ‘Sono forse io Giudeo?’”.
Si percepisce nel procuratore un senso di superiorità, vagamente razzista. “La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?”. “Si tratta di una bega tribale di voialtri giudei. Ma, spiegami, quale delitto contro la legge romana hai commesso?”. “Rispose Gesù: ‘Il mio regno non è di questo mondo’”. In questo momento difficile, quanto più lontano possibile dall’umano concetto di gloria, il Figlio confessa davanti a Pilato di essere il “Re dei giudei”, il Messia, unto e inviato da Dio al suo popolo.
Ecco la rivelazione, che completa e chiarisce quanto detto finora. Gesù non intende instaurare un regno con la spada, non vuole soldati pronti alla guerra, non è in concorrenza con i regni di questo mondo, anzi, non è nemmeno conciliabile con loro: il Suo Regno è servizio, vita, pace, giustizia e non ha niente a che spartire con il potere. Non cerca e non ottiene il plauso della gente, non si auto-celebra in liturgie trionfali.
Lui, che afferma la propria regalità, tra poco sarà torturato, flagellato, sbeffeggiato. Lo costringeranno perfino ad indossare una corona di spine. Ma ha insegnato a tutti i suoi seguaci che l’unica vera gloria è amare gli altri, fino alla fine, fino a dare la vita per loro, e non si smentirà. “Dunque tu sei re?”. Si coglie il sarcasmo. “Sei in mano mia. Posso fare di te ciò che voglio e pretendi di essere re?”. “Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. Il sarcasmo non lo scalfisce.
Il Figlio annuncia di essere venuto in questo mondo per essere testimone della verità: sull’uomo, chiamato a essere figlio di Dio e sul compito umano di realizzare questa verità. Di essere cioè conformi alla Sua vita e alla volontà di Dio. L’unica vita vissuta in verità è quella donata. Gesù qui è più che mai Re, perché non ha paura. Dovrebbe essere annichilito dalle circostanze avverse, e invece regna su tutto ciò che lo attornia, e su tutto ciò che accade. Continua a parlare ed agire solo per amore.
Anche Pilato rimane colpito, esce, e, rivolgendosi alla folla e ai capi del popolo, proclama che Gesù è innocente, che non c’è in lui alcuna colpa secondo il diritto romano, poi, dopo averlo fatto flagellare, lo presenta con le parole: “Ecco l’uomo!” .

Pierantonio e Davide Furfori