Domenica 4 dicembre. Il “no” si impone con il 59,1%: solo 3 regioni su 20 si sono espresse per il “sì”. Alta l’affluenza: in Italia ha votato il 68,5%, all’estero il 30,7%
Ancora una volta i sondaggi sono, quindi, stati superati dalla realtà: che potesse vincere il ‘no’ erano in molti a prevederlo o a sperarlo, ma i più immaginavano – sostenuti, appunto, dai sondaggi – un testa a testa. Complice anche la semplicità del voto – ‘sì’ oppure ‘no’ – hanno invece riconquistato una certa credibilità gli exit poll, che nella prima nottata di domenica scorsa hanno subito decretato la sicura sconfitta di Renzi. Argomenti che ormai fanno parte della storia perché ciò che resta all’indomani della competizione elettorale sono, oltre alle macerie del governo Renzi, i dati reali del voto degli italiani, che non lasciano spazio a distinguo: il 60% dei ‘no’ ha sommerso il 40% dei ‘sì’. Se si trattasse di una partita a carte si potrebbe parlare di “cappotto”. In realtà, alcuni commentatori hanno rilevato che, trattandosi quasi di una competizione “uno contro tutti”, quel 40% trasferito su elezioni “politiche” avrebbe permesso a Renzi una sicura affermazione con quasi ogni tipo di sistema elettorale, ma si tratta di una forzatura paragonabile al tentativo di sommare le mele con le patate. Più serio è, invece, riflettere sui dettagli del voto, sia a livello sociale che geografico. Gli istituti di ricerca offrono analisi che costringeranno i politici a serie riflessioni: sia chi deve mantenere la “presa” sull’elettore, sia per chi deve trovare il modo per spostare i consensi in vista dei prossimi appuntamenti con le urne. I guru delle analisi ci dicono che i 18-34enni hanno optato per il ‘no’ con una percentuale bulgara: 80%; stessa scelta per i 35-54enni: 67%; per trovare chi ha scelto il ‘sì’ in maggioranza bisogna arrivare agli ultra 55enni. Il consenso dei giovani è tutto in mano a M5s? Nel qual caso l’attrazione, che potrebbe essere definita “storica”, della sinistra-sinistra nei confronti delle nuove generazioni apparirebbe in crisi indiscutibile. Ma c’è un’altra domanda: quei ‘no’ possono essere considerati veramente decretati nei confronti della riforma o hanno piuttosto una valenza politica più generale? Come ricordato sopra, sono rebus che, con tutta probabilità, toglieranno un po’ di sonno a molta gente. Interessante appare anche l’analisi del voto a livello geografico. Tre sono le regioni che non hanno deluso Renzi. Il Trentino Alto Adige, che con il suo 54% di ‘sì’ rappresenta il miglior risultato raccolto da quella parte; poco sotto si trova la Toscana (53%); appena sopra il 50% l’Emilia Romagna. Troppo poco per propiziare la vittoria di Renzi. Ben più pesante è la prevalenza dei ‘no’ nelle regioni che hanno scelto questa opzione. Brilla il Sud: oltre il 70% per Sicilia e Sardegna; sopra al 65% Basilicata, Calabria, Campania e Puglia; poco sotto questa soglia Abruzzo e Lazio. Tutte le altre comunque oltre il 55%. Vittoria risicata per il’no’ (51%) solo in Umbria. Non è facile la lettura di questi dati. Certo è che le scelte più decise non appaiono legate alle regioni “controllate” dalla Lega: la Lombardia è al 55%, il Piemonte al 56%, il Friuli al 60%, il Veneto al 62%. Così come appare almeno strano che nelle “rosse” non abbiano prevalso le indicazioni della minoranza Pd. Se certe analisi sono difficili per gli esperti, a maggior ragione lo sono per chi cerca di usare solo il buon senso per capire: eppure è dalla comprensione dei flussi dei voti che passa la possibilità per i diversi contendenti di confermare o raggiungere in futuro la maggioranza dei consensi.
a.r.