
Il 29 giugno era stata raggiunta l’intesa per procedere al superamento del blocco dei licenziamenti; le parti sociali si erano impegnate “a raccomandare l’utilizzo degli ammortizzatori sociali che la legislazione prevede in alternativa alla risoluzione dei rapporti di lavoro”, cioè ai licenziamenti dei lavoratori. Lega e Fi da tempo spingevano in questo senso spalleggiate con forza da Confindustria.
Se il buongiorno si vede dal mattino c’è da pensare che per i lavoratori la giornata (il futuro) che li attende non sarà privo di enormi preoccupazioni. Come non è tranquillizzante quel “raccomandare” l’attenzione alle necessità (cassa integrazione ecc.) di chi perde il lavoro. E subito se ne sono visti gli effetti con modi inediti e cinici. Si è iniziato con gli operai della “Gianetti Ruote” di Ceriano Laghetto che produce cerchioni per i camion di Volvo e Iveco, ma anche quelli per le moto Harley-Davidson.
I lavoratori hanno ricevuto una mail, sette righe in tutto: “Con la presente si informano tutti i dipendenti addetti allo stabilimento di Ceriano Laghetto che con effetto dalla data odierna lo stabilimento rimarrà chiuso. Con lettera di pari data della presente è stato dato avvio alla procedura di licenziamento collettivo”. In questo modo vengono liquidati 152 operai e uno stabilimento che ha 108 anni di vita.
Pochi giorni dopo è toccato a 422 operai della Gkn di Campi Bisenzio, produzione di semiassi e giunti per rinomate case automobilistiche. Questa volta il licenziamento avviene attraverso una mail. In entrambi i casi i turni di lavoro erano stati regolari, magari era stata richiesta anche qualche ora di straordinario. Si sa che il mercato dell’auto è in crisi, ma nulla faceva prevedere soluzioni così drastiche e drammatiche.
Ora tutti si scandalizzano per la prevaricazione di ogni diritto e per l’indifferenza nei confronti di ogni regola tra datore di lavoro e dipendente. Purtroppo questo è il bello del tanto decantato libero mercato e dell’assoluta ricerca del guadagno.
Quando i datori di lavoro diventano investitori finanziari, e spesso questi sono le multinazionali, anche i lavoratori diventano merce. Se c’è una realtà con qualche difficoltà non si va al confronto, non si discute per trovare soluzioni. Si chiude la fabbrica e si va ad impiantare la stessa industria là dove la manodopera costa meno. Quello che conta è il profitto.
Se si lasciano morti sul terreno non ha importanza. Il funzionario di Londra oggi ha davanti numeri, non persone. E può tranquillamente snobbare le “raccomandazioni” dei governi e delle parti sociali. Sarà utile rivedere le norme, sarà opportuno controllare gli incentivi, che sicuramente anche queste multinazionali hanno ricevuto e sfruttato, sarà necessario rivedere le regole del cosiddetto mercato del lavoro cominciando a mettere un po’ di ordine all’interno della stessa Europa. Le persone non sono merce.
Giovanni Barbieri