Padre Silvestro Landini: il gesuita che lega la Lunigiana alla Corsica

Nato a Malgrate nel 1503, morì a Bastia nel 1554

01Padre_LandiniPadre Silvestro Landini nacque nel 1503 a Malgrate. Ordinato sacerdote nel 1527 fece i suoi primi esercizi spirituali a Parma dal 1540 sotto la guida di padri Gesuiti, ordine fondato poco prima da S. Ignazio di Loyola e ufficialmente approvato dal papa Paolo III lo stesso anno. Nel 1547, dopo un periodo di cinque anni trascorso a Malgrate, si trasferì a Roma dove iniziò il noviziato gesuita. La sua insofferenza caratteriale determinò difficoltà con sant’Ignazio e una crisi probabilmente accompagnata da una grava malattia. Appena guarito, fu inviato nella sua terra natìa a ritemprarsi e la sua accettazione nella Compagnia fu sospesa: lacerato dal dubbio, lasciò dunque Roma per la Lunigiana.
Durante il viaggio, durato ben tre mesi, scrisse nove lettere a sant’Ignazio manifestandogli il suo pentimento circa l’atteggiamento tenuto. Cosicché ottenne il perdono e l’ammissione nella Compagnia.

Questa pagina dedicata al gesuita originario di Malgrate – la cui importanza è confermata dalla causa di beatificazione intrapresa nel 1612 e poi rimasta incompiuta – nasce dalla segnalazione giunta in redazione ad opera del pontremolese Marco Madoni che, qualche tempo fa, ci indicò l’esistenza “della tomba del religioso lunigianese, ancora presente all’interno della bella Cattedrale di Santa Maria a Bastia” in Corsica. “Senza soluzione di continuità – commentava Madoni – l’attività missionaria di Silvestro Landini ha attraversato i secoli per giungere sino a noi. I recenti contatti tra le comunità di Malgrate e della Lunigiana con quella di Bastia in Corsica contribuiranno sicuramente a promuovere importanti occasioni di incontro e di ricerca sulla figura del religioso gesuita”.
Da lì è partita l’idea di affidare a Georges de Zerbi – professore di italiano onorario e reggente della Confraternita del Santissimo Crocifisso dei Miracoli a Bastia, conosciuto a seguito dell’amicizia sorta tra la confraternita da lui retta e quella della parrocchia di S. Nicolò in Pontremoli – la redazione di un articolo sulla figura di padre Landini.
Un invito accolto dal prof. De Zerbi con grande disponibilità e che ha dato come risultato il testo, frutto di ricerche svolte con competenza, che proponiamo in questa pagina. Ringraziamo Marco Madoni e Georges de Zerbi per la disponibilità e l’interesse dimostrati nei confronti del nostro settimanale. (a.r.)

I primi anni della missione in Terraferma

La lapide nella cattedrale di Bastia che ricorda la figura e l'opera di p. Silvestro Landini (Foto Pascal Renuci)
La lapide nella cattedrale di Bastia che ricorda la figura e l’opera di p. Silvestro Landini (Foto Pascal Renuci)

Fin dal suo ritorno in Lunigiana nel 1547 e fino al 1550 percorse la Garfagnana fiorentina, lucchese, estense, tutta la vasta diocesi di Luni e Sarzana, quella di Lucca fino a Modena. Visitò quell’ampio territorio avendo così un rapporto diretto con le popolazioni alle quali proponeva i suoi sermoni nei luoghi pubblici convertendo ed amministrando di persona i sacramenti, fondando monasteri femminili e numerose confraternite, specie le Compagnie del Santissimo Sacramento. In questi anni ebbe a confrontarsi spesso con posizioni eretiche: in particolar modo concentrò i suoi sforzi a Malgrate, Casola e Fivizzano. Nel territorio di Massa confutò un predicatore che screditava il culto della Vergine Maria, poi affrontò in un dibattito dottrinale il medico del castello estense di Camporgiano, seguace di Lutero. Bisogna rammentare infatti che proprio in quegli anni venivano largamente diffuse le idee della Riforma luterana.
Padre Sivestro era permeato da un forte ideale di Chiesa primitiva, alimentata nel fervore del sacramento eucaristico accompagnato dall’accostarsi costantemente al confessionale. I membri delle Compagnie del S.mo Sacramento da lui fondate, lo affiancarono in quest’azione capillare sul territorio. Controllava la presenza e la buona conservazione dell’Eucaristia nelle chiese, la pratica sacramentale tra i fedeli, la diffusione della dottrina cristiana tra i bambini e la conoscenza mnemonica delle preghiere.
Divenne il primo grande missionario popolare della Compagnia di Gesù (SJ) in Europa e combattè efficacemente fenomeni spesso radicati anche tra le fila del clero secolare, come la bestemmia, la superstitione, il concubinato, la bigamia e l’usura e fu capace di comporre le liti e le faide che insanguinavano l’Appennino tosco-emiliano, caratterizzato da un alto livello di conflittualità sociale.
Nel luglio 1549 a Careggine, terra modenese appartenente alla diocesi di Lucca, il Landini riuscì a moderare lo scontro tra due fazioni, già causa di decine di morti, che non si era arrestato nemmeno di fronte all’autorità ducale.

La missione in Corsica

L'interno della cattedrale di Bastia (Foto Pascal Renuci)
L’interno della cattedrale di Bastia (Foto Pascal Renuci)

La Corsica, che contava sei diocesi, era governata dalla Repubblica di Genova fin da quando sconfisse la Repubblica di Pisa nella battaglia della Meloria nel 1284. Tre diocesi, quelle di Ajaccio, Alèria e Sagone erano attribuite a Pisa, mentre quelle di Mariana (poi trasferita a Bastia), Nebbio ed Accia dipendevano da Genova. Nella primavera del 1552 i governanti genovesi, informati dal governatore della Corsica riguardo alle pessime condizioni morali e materiali degli abitanti dell’isola, ottennero da papa Giulio III l’intervento di Padre Landini. Dal settembre 1552 egli vagò lungo la costa e l’entroterra toscani passando per Pisa e Livorno, dove, dietro sollecitazione dell’arcivescovo di Genova, Girolamo Sauli, continuò la sua opera di riforma e conversione. Il 16 novembre si imbarcò per la Corsica, accompagnato dal padre portoghese Manuel Gomez, munito di un “breve” papale che gli conferiva la dignità di visitatore e commissario apostolico.
Una violenta tempesta li costrinse a restare per poco più di un mese sull’isola di Capraia, dedicandosi anche lì all’attività missionaria e favorendo la costruzione di un muro per frenare le scorribande del corsaro turco Dragut. Giunto finalmente a Bastia il 22 dicembre 1552, padre Landini si insediò nel locale convento francescano e iniziò a svolgere un’incessante attività di predicazione e amministrazione dei sacramenti che, con l’interruzione per un altro breve soggiorno a Capraia nel luglio 1553, perdurò fino alla sua morte. Ma in che stato materiale e morale si trovava allora la Corsica? Padre Daniello Bartoli della Compagnia di Gesù nelle sue Memorie istoriche degli uomini e de’ fatti della Compagnia di Gesù, edito nel 1847 a Torino, ne fa una descrizione precisa e allo stesso tempo agghiacciante.

Panorama di Bastia
Panorama di Bastia

Egli scrive: “Non si avea memoria in quell’isola, che da settanta anni addietro vi si affacciasse d’Italia Vescovo né pure a farsi vedere una volta nella sua chiesa […]. Tutto si amministrava di lontano per man di Vicarj, e, dirò con le parole che il Governatore Lamba d’Oria ne scrisse sì al P. S. Ignazio ‘non pastori, ma lupi rapaci, tutta la cui sollecitudine era nel succiar quanto di latte e di sangue vivo avean le loro misere pecorelle, e non tosarle, ma scorticarle’: e come i Vicarj, altresì gli altri Curati e Parrocchiani, ‘concubinarj e micidiali, e tanto, che non si poteva dir più’: e soggiugne, che nel viaggiar che avea fatto per l’isola avea veduto co’ suoi medesimi occhi nelle chiese cattedrali e madri della diocesi nata e cresciuta l’erba, sì folta, che vi si annidavano dentro serpi grossissime: e vi pioveva quasi come all’aperto, perchè i tetti v’erano più che mezzo distrutti, né avea chi si desse pensiero di spendere danajo per acconciarli. Altresì il P. Landini, poichè vi giunse, ne scrisse di veduta al medesimo suo P S Ignazio di non essersi mai avvenuto in anime più abbandonate e in maggior necessità delle cose bisognevoli alla salute […]”.
Da un punto di vista puramente storico bisogna qui ricordare che il padre Landini, desideroso di distruggere ogni forma di quei costumi giudicati barbari aveva dato la caccia a quelle forme di lamentazioni funebri soprattutto in caso di morte violenta detta in còrso malamorte. Aveva così biasimato e condannato quell’infernal plagnisteo molto diffuso allora in tutta Corsica.
Si trattava di deplorazioni come ne conosceva la Grecia antica e diffuse in diverse regioni d’Italia. Per lo più cantato o meglio gridato da donne, il vocero serviva a lodare le virtù del defunto e, nel caso si trattasse di morte violenta, a chiamare a far vendetta. Il più famoso di quei canti è intitolato O Mattè di la surella. Fu cantato appunto dalla sorella del defunto, Matteo, che chiama alla vendetta. Eccone una strofe in lingua còrsa: O Mattè di la surella/ Di u to sangue prezïosu / N’hanu lavatu la piazza / n’hanu bagnatu lu chjosu / ùn hè più tempu di sonnu / ùn hè tempu di riposu.
L’azione pastorale del padre Landini fu così travolgente che, dopo tre mesi di presenza a Bastia, si poteva notare un cambiamento profondo tra la popolazione. Il padre Giovanni, di Corte, città dell’entroterra e che divenne capitale ai tempi di Pasquale Paoli, scrisse: “Sin da quando sono tornato ho trovato una vita nuova in questa regione. Sembra che il Messia sia venuto una seconda volta. Ognidì è Sabato Santo per le confessioni, ogni Domenica è Pasqua per le Communioni. Vengono da ben cento miglia lontano a confessarsi. Gran peccatori penitenti con la fune al collo gli domandano misericordia. A veder solo il modo di camminare delle persone ed il loro atteggiamento sembra che siano dei religiosi. La stessa cosa si nota nel modo di conversare. Il leone è stato proprio trasformato in dolcissimo agnello”.
Lo stesso governatore Doria scrive: “Il Padre Landini amministra il sacramento di confessione ogni giorno e fino alle due di notte. Vengono da tutte le parti dell’isola. Gli odii si spegnono, i nemici si riconciliano. Cessano le ruberie e l’usura”. Però, molto affaticato dal continuo lavoro apostolico, indebolito da digiuni e privazioni spaventose, il padre Landini si avviava verso la propria morte che aveva preannunciata. Tanto più che Bastia fu colpita dalla peste all’inizio del 1554. In quei giorni il buon padre soccorse e confortò i malati.
Il 3 marzo 1554, il padre, dopo 25 giorni di malattia, infettato dalla pestilenza, rese l’anima non lontano dalla cattedrale Santa Maria dove tante volte aveva predicato e dove verrà seppellito. La salma riposa nell’antico presbitero tra i canonici della cattedrale.
Oggi, una lapide ricorda la sua presenza a Bastia e la sua azione per la maggior gloria di Dio.

Georges de Zerbi
Professore d’italiano onorario.
Reggente della Confraternita del Santissimo Crocifisso dei Miracoli a Bastia.