
Un titolo alternativo di questo editoriale potrebbe essere: “Chi la fa l’aspetti”, ma quello scelto rende meglio l’idea di cosa si voglia trattare; hanno fatto notizia, nelle scorse settimane, le manifestazioni di piazza organizzate in riferimento ad argomenti scottanti.
La protesta a Torino contro il blocco della TAV, quella contro l’amministrazione capitolina, l’altra ancora degli studenti, quella contro il completamento del TAP; non ultimi i flash mob dei giornalisti: sono solo le manifestazioni che hanno avuto maggiore rilievo, vista la portata degli argomenti e gli impegni presi dagli attuali governanti in campagna elettorale.
Le posizioni all’origine di tali proteste, tra di loro contrastanti (da una parte si contestano le scelte del governo dal suo esterno, dall’altra sono esponenti dei partiti di governo a esprimere la loro contrarietà), non sono altro che la conferma della precarietà dell’accordo che ha portato Lega e 5 stelle a palazzo Chigi. Una fragilità che emerge ad ogni piè sospinto, sui singoli provvedimenti della manovra come sui nuovi problemi di ogni giorno. La risposta, per ora, è sempre stata non sul merito, ma sull’essere una certa soluzione compresa nel contratto o meno: un po’ poco dal punto di vista politico!
Ma tornando al titolo, non parrà vero a qualcuno di vedere i due partiti di maggioranza alle prese con quelle piazze che tanto hanno saputo blandire da opposizione. Perché, è risaputo, la piazza non va tanto per il sottile e quando critica non guarda troppo ai particolari. Ecco, allora, che i colpi di scure che andavano bene prima, perché facevano male agli altri, oggi non sono altrettanto bene accetti e troppo forte è la tentazione di fare distinzione tra piazze “buone” e piazze “cattive”, tra cittadini che vogliono portare “aria pulita” e “borghesucci” che quel cambiamento vogliono bloccare.
Atteggiamenti e giudizi che la dicono lunga sulla capacità di dialogo di forze politiche capaci di leggere soltanto nel loro “contratto” per decidere se e cosa si può fare. Chissà se nel contratto è prevista la libertà di espressione: a giudicare da come si sta fronteggiando il tema dell’informazione qualche dubbio verrebbe e anche le altre manifestazioni non sono state trattare molto meglio.
A cadere nella trappola è stato lo stesso Grillo, maestro nella comunicazione multimediale a tutto campo. È sua la critica al “sì TAV” di Torino. Una caduta di stile che non si può dire inaspettata, visti i precedenti. Di fatto, basta essere su posizioni contrarie al guru del 5-stelle-pensiero per venire accusati di “trasformare aspri conflitti sociali in questioni da salotto e questioni da salotto in tragedie”.
Qui non si tratta di essere pro o contro la TAV ma di un rispetto dovuto a chi, a torto o a ragione, esprime in modo civile un’opinione contraria ad uno dei due partiti di maggioranza.
Antonio Ricci