
Domenica 20 aprile – Pasqua di Risurrezione
(At 10,34.37-43; Col 3,1-4; Gv 20,1-9)
La vicenda pasquale di Gesù morto e risorto non riguarda soltanto la sua persona, ma ha una ripercussione cosmica. In Gesù si scontrano gli eterni problemi della vita e della morte, come dice la bellissima sequenza pasquale: “Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa”.
1. Non avevano ancora compreso la Scrittura. I due discepoli che corrono al sepolcro dopo le donne non sono folgorati dalla fede, ma vi arrivano pian piano con un percorso molto personale.
All’inizio c’è la curiosità, poi la costatazione, poi l’illuminazione della fede, sempre gradualmente. Chi ama, arriva per primo alla fede, ma questo non gli dà alcun vantaggio o autorità sugli altri che arrancano faticosamente.
2. Noi siamo testimoni delle cose da lui compiute. Quando però una persona arriva alla fede, non la tiene per sé come se fosse una conquista personale, un possesso da tenere nascosto per non farselo rubare, ma il possesso della fede diventa in lui un obbligo di comunicarla ad altri.
Pertanto ci viene detto nella prima lettura: “Tutti i profeti gli rendono testimonianza”, ma “a noi ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio”.
La nostra testimonianza non si limita a far rivivere un avvenimento passato, ma diventa stile comportamentale di amore e rispetto per la vita, nostra e degli altri, e non solo della vita materiale, ma anche della vita di fede nell’eterno combattimenti tra il bene e il male.
3. Cercate le cose di lassù. Aldilà delle disquisizioni sulla tomba vuota e sui teli della sepoltura, la Lettera ai Colossesi ci invita a cercare “le cose di lassù”, perché se alla ricerca teologica non corrisponde la pratica della vita, è come filare senza tessere.
Se non siamo capaci di sollevare lo sguardo verso l’alto, ci ingarbugliamo e restiamo prigionieri dei nostri ragionamenti. Non basta conoscere le cose, e neppure limitarsi a vivere bene gli avvenimenti terreni, non possiamo dimenticare di guardare oltre la realtà che ci circonda.
Nella vita di fede l’umano si confonde con il divino in un dinamismo che non è compreso da chi resta al di fuori di un discorso di fede. La faccenda diventa più pesante quando chi non ha fede pretende di dare consigli a chi ha fede. In un mondo abbagliato di se stesso, noi siamo i testimoni di un altro mondo, “Viviamo in questo mondo costantemente rivolti ai beni eterni” (Liturgia dell’Assunta).
Pur essendo immerso nel presente, il cristiano si protende verso il futuro, come dice anche San Paolo: “Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù” (Fil 3,12-14).
† Alberto