

“La democrazia non gode di buona salute”. La constatazione di Papa Francesco trova una ulteriore dimostrazione nei ballottaggi che si sono svolti in Francia. Si era paventata una grande vittoria, in base al successo della prima sessione elettorale, dell’estrema destra di Marine Le Pen. Tutti i sondaggi la davano largamente vincitrice rasentando la soglia della maggioranza assoluta. Questa volta la paura ha avuto il sopravvento e le forze non populiste si sono alleate, i candidati deboli si sono ritirati per cui il secondo turno elettorale ha visto una straordinaria partecipazione al voto ed è diventato una specie di referendum pro o contro Marine Le Pen. Sembrerebbe quindi che tutto sia a posto e che la democrazia sia stata in grado di opporsi ad avventure di destra estrema.

Questo risultato è stato ottenuto grazie al patto che ha creato il ‘front républicain’, vale a dire persone che hanno votato per candidati che non erano i loro. Ci sono elettori di centro che hanno votato per candidati di sinistra, e viceversa. Ma c’è chi fa notare che il dibattito pubblico in Francia si è chiaramente inasprito. C’è chi parla di brutalizzazione del dibattito pubblico non solo tra parti avverse, ma anche all’interno dello stesso Fronte, cosa che creerà gravi problemi. A parole hanno vinto quasi tutti. C’è stata l’affermazione del Nuovo fronte popolare (Nfp, sinistra unita) guidato da Jean-Luc Mélenchon, al secondo posto la coalizione Ensemble che sostiene il presidente Emmanuel Macron e solo al terzo posto il Rassemblement National (Rn) di Marine Le Pen e Jordan Bardella, che pur risultando sconfitto nei ballottaggio ha visto, grazie all’affermazione del primo turno elettorale, quasi raddoppiare i propri deputati.
La composizione dell’Assemblea Nazionale risulta composta da 182 seggi alle sinistre (74 deputati a La France Insoumise di Mélenchon, 62 al Partito socialista, 35 agli ecologisti e 11 al Partito comunista), 168 a Ensamble di Macron, 143 a Rn della Le Pen, 46 alla destra gollista dei Repubblicani, altri seggi a forze minori. Siccome tra Macron e Melenchon non corre buon sangue ci sono veti incrociati per le alleanze. Di fatto la Francia è divisa in tre parti, cosa inedita in un Paese che da sempre vive nel bipolarismo, e al momento sembra ingovernabile. Anch’essa dovrà fare l’esperienza delle alleanze e delle coalizioni, e a percorrere la strada difficile dell’instabilità come Italia, Belgio, Germania. Dalle nostre parti ci si chiede, anche in seguito alla costituzione del gruppo dei Patrioti di Orban, quale ruolo potrà avere la Meloni. Ma questa vicenda dovrebbe far riflettere sulla riforma della Costituzione circa il premierato. La crisi del presidenzialismo americano, quella del cancellierato tedesco, quella del semipresenzialismo francese, del governo inglese dovrebbero togliere le illusioni che ci siano formule capaci di risolvere i problemi della democrazia e della governabilità.
Giovanni Barbieri