
Domenica 26 febbraio – I di Quaresima
(Gen 2,7-9; 3,1-7; Rm 5,12-19; Mt 4,1-11)
La Quaresima inizia con la riflessione sul ritiro di Gesù nel deserto, dove per quaranta giorni digiuna e resiste alle tentazioni. Alle insidie del diavolo Gesù risponde con tre richiami a episodi del Primo Testamento nei quali gli Israeliti nel deserto erano stati vinti dalla tentazione. Superando le prove nelle quali Israele era caduto, Gesù dimostra di essere il nuovo e il vero Israele.
1. Non di solo pane vivrà l’uomo. Nel deserto il popolo mormora contro Dio per la mancanza di cibo. Gesù quando ha fame non si lamenta e neppure fa il miracolo; risponde invece al tentatore con le parole del Deuteronomio che invitano a cercare beni superiori. Procurarsi il cibo con un miracolo significa sottrarsi alla debolezza della natura umana, eludere la volontà del Padre che vuole un Messia in tutto simile a noi. La coscienza di agire conformemente alla volontà di Dio diventa per Gesù qualcosa di usuale e nutriente come il pane quotidiano. Certamente è difficile parlare a una persona che ha fame, perché “lo stomaco non ha orecchi”, secondo un detto di Diogene, ma non c’è solo la fame materiale, come dice anche il profeta Amos: “Verranno giorni in cui manderò la fame nel paese; non fame di pane né sete di acqua, ma di ascoltare le parole del Signore”. Nella tanto benemerita e unica attività della Chiesa Cattolica di organizzare mense per alleviare la fame, c’è spazio dedicato all’apertura verso le realtà dello spirito?
2. Non metterai alla prova il Signore tuo Dio. Nel deserto per la mancanza di acqua il popolo chiede un segno della presenza di Dio, pretende un miracolo. La tentazione di risolvere le situazioni scabrose chiedendo un intervento miracolistico è la tentazione di falso messianismo, di non accettare la realtà propria. Quando Gesù è in croce gli astanti gli dicono: “Se sei figlio di Dio, scendi dalla croce”, ma Gesù non fa il miracolo e neppure lo chiede. A Pietro aveva già detto: “Il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?”.
3. Il Signore, Dio tuo, adorerai. Dopo che Israele è entrato nella Terra Promessa, si dimentica del Dio del Sinai che lo ha guidato nel deserto e si adegua alle usanze degli altri popoli. La stessa tentazione viene fatta a Gesù: dimenticarsi della gloria di Dio e sottomettersi ai beni del mondo. La sua risposta è un richiamo ad adorare l’unico e vero Dio. Anche il discepolo ha una visione del mondo proiettata verso orizzonti superiori, diversi da chi si limita a considerare le cose terrene. Partendo dai valori dello spirito, il cristiano si presenta nella società non come legislatore, ma come profeta, come colui che indica una strada diversa. È consapevole che l’Occidente deve essere aperto ai valori dello spirito, perché quando una persona perde il contatto con il mistero e non si misura più con esso, diventa incurante delle povertà materiali e anche violenta.
† Alberto