Pallerone: quando la piccola storia di un paese è anche grande storia di Lunigiana

Presentato il libro di Matteo Maggiani “Frammenti del passato”

La storia dei nostri paesi appartiene a quella che viene definita la grande storia, perché le vicende che una comunità ha attraversato è fatta di piccoli e grandi episodi che lasciano traccia non meno importante di quelle sedimentate dalle azioni e memorie dei “potenti”. Il significato vero della storia vissuta da generazioni anonime è ben delineato nell’introduzione che Roberto Pasquali scrive al bel saggio di Matteo Maggiani “Frammenti del passato” pubblicato dalla “Accademia dei Recchi” di Pallerone.
Gli studi dedicati alla Lunigiana dagli eruditi e dalle Deputazioni di Storia Patria furono dedicati a sottolineare l’originalità e l’identità della Lunigiana, ma raramente ebbero attenzione per le vicende delle popolazioni, per il lavoro della nostra gente. Ci sono volute le ricerche e l’opera di divulgazione democratica delle associazioni culturali nate nel dopoguerra per portare nelle case, nelle biblioteche scolastiche e nel comune sentire l’orgoglio per la propria storia. Pasquali porta ad esempio la vicenda della raffineria che si voleva nella piana di Filattiera, fermata dall’opposizione di una popolazione consapevole, assieme a studiosi quali Ambrosi, Cavalli, Ricci, che nella terra dei castelli e di un ambiente preservato quella impresa non era accettabile.
Nel libro di Matteo Maggiani scopriamo la ricchezza della storia di un paese di Lunigiana; con la tempra di un vero storico l’autore indaga, propone nuove ipotesi di ricerca, scopre la storia di donne e uomini che ci hanno consegnato un patrimonio materiale e immateriale da tutelare. Tanti sono gli argomenti trattati, a partire dal sogno infranto di realizzare, con largo anticipo sui tempi, una centrale idroelettrica della quale restano tracce nel paesaggio, fino alla individuazione di nuove originali tematiche nell’interpretazione degli importanti affreschi del salone di Palazzo Malaspina, recuperato da Alberto Malatesta e dove, secondo don Antonetti, parroco tra il 1758 e il 1765, pare si usassero fare balli di nudiste da giovinette reclutate a distrazione di quel marchese.
Non c’è spazio per entrare nel dettaglio di tutti gli articoli, cito alcune vicende, a partire da un vero e proprio giallo consumato sul Bardine: è l’assassinio del marchese di Pallerone e la ricostruzione che ne fa Matteo ha il ritmo di un felice romanzo storico. Nel 1590, a fine maggio, verso sera, Spinetta I Malaspina esce a cavallo con un gruppo di uomini e si dirige sul Bardine forse per rimuovere i termini di confine con Cosimo Centurione: sul fiume ci sono dei pescatori, tra loro due garfagnini nemici giurati del marchese. Uno suo ex sgherro, l’altro rancoroso perché Spinetta aveva ucciso un suo cugino. Sembrano essere stati scelti apposta per provocare un incidente. Parte la sparatoria a colpi di archibugio, il marchese avanza a cavallo, ma viene colpito ad una gamba, cade e dice al suo amico fraticello di allontanarsi perché si sente morire. Il marchese si rialza, ma viene colpito con la pistola dal suo ex sgherro, gli viene rotta la testa col calcio della pistola e muore orribilmente sfigurato e abbandonato dai suoi. Ci fu chi sostenne che proprio il marchese Centurione di Aulla fosse il mandante e visto che il delitto era avvenuto in terra Toscana fu coinvolto il Granduca. Ma il Centurione era cugino del potente Andrea Doria e non ci furono punizioni.
Questo il fatto, ma Matteo va oltre e propone la ricostruzione del teatro ambientale dell’evento. Tutte le nostre comunità erano poi molto attente alla difesa e conquista di territori indispensabili per la sopravvivenza alimentare: le vicende dei conflitti tra Pallerone, Bibola e Gorasco sono emblematiche testimonianze di quanto avvenuto in gran parte della Lunigiana. La strenua difesa dei confini per ragioni di pascolo o coltivazione ha infatti coinvolto tutta la Lunigiana agricola e pastorale.
È appassionante la vicenda di rappresaglie per bruciare il raccolto di grano, fino ad un vero assedio di Pallerone con catapulte. A Pallerone c’è Giuseppe II, un marchese gentiluomo che proibisce rappresaglie, ma due giorni dopo i Bibolesi attaccano un suo podere e rubano due buoi, rovinano case, fanno fuggire il bestiame e picchiano una donna. Il marchese anche questa volta sarà paziente. I Bibolesi forse scambiano la tolleranza per ignavia e nel settembre 1736 ci provano, complici quelli di Gorasco, a saccheggiare case, ma sono messi in fuga. È il momento di un assedio in forze: Bibola e Gorasco uniti, attaccano con catapulte e palle di piombo infuocate, derubano case e attaccato anche il castello. I palleronesi non ci stanno, si organizzano in squadre e mettono in fuga gli assedianti: il marchese Giuseppe si rivolge all’imperatore e i conflitti cesseranno. Nel lungo racconto c’è spazio anche per le leggende paesane che nessuno ha mai incontrato, ma l’incontro vero e importante è quello con il giovane storico Maggiani, che molto ancora ci regalerà.

Riccardo Boggi