Lasciar andare

Domenica 7 agosto – XIX del tempo ordinario
(Sap 18,6-9 – Eb 11,1-2.8-19 – Lc 12,32-48)

La piccolezza non è solo questione numerica, la piccolezza è intima condizione di mitezza, di leggerezza, di esiguità. La piccolezza è un soffio lieve in un cuore consegnato alla Vita, è fertile sterilità, la pienezza nuda degli sconfitti, la parola sommessa dei silenziosi, l’inadeguatezza folle degli indesiderati. Fa paura la piccolezza, non permette nascondimenti, non regala appigli, chiede il coraggio di mostrarsi lievi e inutili prima di tutto a se stessi. I piccoli sono perdenti senza la retorica degli sconfitti, gli scartati che nessuno rimpiange, gli esclusi che non covano risentimenti.
La piccolezza è possibile solo a coloro che, liberi di tutto, si commuovono per quel Vuoto che trovano proprio nel centro della propria identità, siamo servi inutili. È dura la piccolezza, non permette nascondimenti, non finzioni, nessuna maschera le resiste, nessun abito o ruolo o gratificazione è concessa, colui che è davvero piccolo è profondamente solo ed è forzatamente lieve il suo cammino.
Il gregge ha da essere piccolo nel cuore oppure si smarrisce, ha da essere piccolo oppure si inorgoglisce e diventa branco. C’è da averne di paura davanti a questa proposta di fragilità, e Gesù lo sa bene, lui che della piccolezza ha scelto di esserne il Signore e allora accarezza il tremore del fragile e: non temete, è il prezzo da pagare per essere liberi, è il prezzo da pagare per “essere”. Senza piccolezza non c’è identità ma solo una continua estenuante guerra di contrapposizioni velenose che tramutano il fratello in avversario e la vita in una lotta. “E allora lasciate andare tutto”, ripete, “vendete ciò che possedete” perché possedere è l’inizio dello smarrimento. Il cuore si riempie della paura di perdere ciò che ha conquistato e il cuore si appesantisce e intanto la nostra identità si dissolve, assume i lineamenti di ciò che abbiamo scelto di trattenere. Possedere è avere un cuore sepolto con le cose che gli si sono aggrappate addosso. E rimane solo una borsa chiusa e vecchia e paura di ladri a rubarci il sorriso e tarli a consumare il cadavere di quel che eravamo. Possedere qualcosa è già morire, questo dice il Signore. Non bisogna possedere mai nulla, soprattutto le persone. Possedere è morire e far morire. Nemmeno se stessi occorre possedere. Soprattutto se stessi bisogna avere il coraggio di lasciar andare.

don Alessandro Deho’

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